sabato 21 febbraio 2009

Amedeo Vella

La marcia funebre che più di ogni altra suscita emozioni nel cuore dei Sessani (e non solo ….) e che tutti bene o male conoscono, almeno di nome, è senza dubbio "Una Lacrima sulla tomba di Mia Madre" più popolarmente nota come "Vella".
Tutti ne apprezziamo le sonorità che si sposano perfettamente con la nostra tradizionale "cunnulella", ma pochi conoscono la storia dell'autore "Amedeo Vella". Per questo riporto i cenni biografici dello straordinario artista che ha composto questo autentico capolavoro; vi invito a leggere con attenzione la sua storia personale per meglio comprendere il vero significato della marcia.
Vella Amedeo (1839-1923) nasce a Naro (Agrigento) il 28/8/1839 da Calogero e da Pacinella Giuseppa. Da un registro della popolazione di Naro della seconda metà dell'Ottocento si rileva che la famiglia di Don Calogero Vella era composta da detto Don Calogero, padre e capofamiglia, di professione musicante; da Donna Giustina, figlia e di professione cucitrice; da Don Amodeo Patrizio, figlio e di professione musicante militare; da Don Alfonso, figlio ed anch'egli musicante militare. La moglie di Don Calogero, Pacinella Giuseppa, risulta deceduta il 17/7/1850 all'età di 40 anni per cui Amodeo Patrizio aveva 11 anni al momento della morte della madre. Nei successivi atti del comune di Naro, il maestro Vella venne nominato Amedeo e non più Amodeo. Compositore precocissimo, si sposò con Nazarena Pulerà da cui ebbe quattro figli: Gesualdo, Giuseppina, Matilde ed Irene. Amedeo prestò servizio militare nel 54° Fanteria, partecipando alle campagne di guerra del 1860 e del 1866 e meritandosi due medaglie al valore. Per qualche tempo fu capomusica di banda militare, poi insegnò nell'orfanotrofio di Vibo Valentia. Qui si spense il 5/7/1923. Compose marce, ballabili, opere sacre, di genere e didattiche ed anche marce funebri. La più famosa è Una lacrima sulla tomba di mia madre resa celebre anche dal film di De Sica "Pane amore e…" (1956) e da "Amarcord" di Felini (1974).
Tratto dal sito www.spada.criptanet.it

sabato 14 febbraio 2009

La Processione dei Misteri durante la Seconda Guerra Mondiale

Nella nostra serie di articoli sulla Processione dei Misteri ci sembra interessante riportare quanto accadde durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il 23 Marzo 1941, si riunì l’Assemblea dei confratelli del SS. Crocifisso che deliberò, per motivi di ordine pubblico, che la processione dei Misteri si svolgesse di giorno, cioè dalle ore 14:30 alle ore 19:30. Per garantire il rispetto di detti orari, il priore e gli assistenti minacciarono, oltre all’applicazione delle sanzioni penali previste dal regime (ci riferiamo a quello fascista), la radiazione dalla confraternita oppure la perdita dei diritti agli emolumenti annuali per i confratelli più bisognosi. Questa delibera fu applicata anche nei due anni successivi (in piena Guerra), come è documentato in alcune foto dell’epoca. Questa fu un'occasione ghiotta per i fotografi che ebbero l'opportunità di scattare diverse fotografie in un orario favorevole (in passato, le uniche foto disponibili ritraggono l'uscita della processione poichè era impossibile effettuare fotografie decenti in piena notte), una delle quali, opera del fotografo Attilio Romano, è pubblicata a corredo dell'articolo.
Interessante notare che neanche in piena guerra la città riuscì a rinunciare alle sue amate processioni nonostante il pericolo per l'incolumità pubblica.
Un ulteriore segno del profondo legame che da secoli lega Sessa Aurunca alle processioni della Settimana Santa.

venerdì 6 febbraio 2009

La Quaresima e le cene conviviali

Concluse le feste carnascialesche del martedì grasso - che nella città di Sessa Aurunca non hanno avuto mai particolare rilevanza - inizia il tempo forte per eccellenza della conversione e del ritorno a Dio: la Quaresima.
Il periodo quaresimale è inaugurato dalla funzione religiosa del Mercoledì delle Ceneri. La
cerimonia si tiene, anche a Sessa Aurunca, con grande adesione popolare e con la partecipazione dei membri delle Confraternite cittadine in Cattedrale.
Poco dopo un gruppo di confratelli, invitati singolarmente e a voce, siederà assieme per la prima delle cosiddette "cene conviviali", un rito tradizionale che è particolarmente caro ai sessani. Le altre seguiranno tutti i venerdì di marzo, dopo la funzione - che si svolge nella chiesa di San Giovanni a Villa - dell'esposizione dei "Misteri" che costituiranno il corteo processionale del Cristo Morto il Venerdì Santo; si inizia con quello che raffigura "Gesù nell'orto del Getsemani" e, nei venerdì seguenti, si prosegue nell'ordine con gli altri.
Mauro Volante, in una sua nota scrive che: «… quello delle "cene conviviali" é un rito ignoto ai più perché le persone che ne sono i gelosi custodi mal vedono "l'intrusione" di estranei che potrebbero non comprendere o male interpretare lo spirito che li anima. Perché in queste usanze c'è tutto il carattere di una gente che, quasi per sortilegio, è restata quella di mille e mille anni fa; che è uscita indenne da ogni dominazione e che costituisce quasi un'isola etnica nella stessa terra di Lavoro.
Le "cene" si tengono presso alcuni ambienti della città. Ad essa prendono parte pochissim
i commensali, i quali, più che consumare abbondanti pasti, non fanno altro che raccontare aneddoti ed episodi recenti e passati inerenti la Pasqua, discutere sulle processioni, delibare qualche bicchiere di vino accuratamente scelto nelle cantine di qualche amico che ha ancora la fortuna di avere un colono che "sa fare" il buon vino, intonare qualche marcia funebre per far rivivere nella mente le processioni del Venerdì e del Sabato Santo ma soprattutto per cantare il "Miserere" …».
La storia di tali consessi è remota. Si è voluto far risalire la loro origine a quelle che Plinio definisce "hetaeriae": incontri culturali, durante i quali i Cristiani rievocavano l'Ultima Cena di Gesù con gli Apostoli consumando «… un cibo, che era, ad ogni modo, quello consueto ed innocente…».
I cibi consumati sono quelli tradizionali di magro: baccalà, pizze al pomodoro e con scarola ed olive (calascione), alici, tonno, olive, cipolle, pecorino stagionato, mozzarella di bufala, finocchi arance e mandarini, il tutto accompagnato dal locale vino Falerno.
La gamma dei sapori si attesta sulla linea dell'aspro, acre, amaro, fatta eccezione per la mozzarella e i finocchi; mentre la presenza della cipol
la garantisce benefici alla voce dei cantori del "Miserere".
Terminata la parca cena, é tradizione cantare il "Miserere" nel cuore della città vecchia fino a tarda notte.
Durante questo periodo, per le vie del centro storico, è possibile osservare qualche pittoresca rappresentazione popolare della quaresima; una bambola che stringe fra le mani una "conocchia" (allusiva alla ordinaria occupazione delle vecchine) e dalla cui estremità inferiore si faranno fuoriuscire sette piume di gallina, simbolo delle sette settimane del periodo quaresimale che, una per settimana, saranno via via tolte...

domenica 1 febbraio 2009

Sessa Aurunca e la processione dei Misteri


Un tempo, al passaggio della processione, si accendevano le luminarie predisposte per la festa dei Santi Patroni, e sulle finestre del centro storico ardevano antiche lucerne e centinaia di bengala colorati. Il nostro concittadino prof. Ferdinando Tommasino, nel suo splendido ed introvabile libro del 1943, intitolato “Giovedì Santo”, scriveva infatti: “…Su ogni veranda e su tutti i davanzali ardono minuscoli punti luminosi che concorrono alla fantasmagoria dello spettacolo. Sono piccole lucerne che spandono la loro fioca luce a somiglianza di miriadi di atomi ardenti e fosforescenti nel crepuscolo della notte… La luce opaca delle lucerne, il punteggiare di piccole stelle nella notte, si spegne piano: e ad un tratto, come per incanto, un bagliore accecante vince il crepuscolo della sera. Centinaia di bengala si accendono su tutti i balconi del Corso: fasci di luce bianca, vincono il cupo riflesso del verde e del rosso. Sono mille fiaccole il cui luccichio fa assumere ai gruppi plastici toni ed aspetti vari, gli uni più belli degli altri. Una scia argentata illumina il volto del Cristo: ma il bianco colore si spegne ed un fascio di luce rossa affievolisce il primo splendore. E’ una galleria di variopinti bagliori sotto cui passano i Misteri…". Non si conosce l’origine dell’usanza di accendere i bengala al passaggio del corteo processionale ma è presumibile ritenere (anche dal fatto che il prof. Tommasino parla di bengala tricolori, di quelli ancora oggi in vendita, specie per le feste di fine anno) che essi furono introdotti nel ventennio fascista. Le ultime testimonianze di questo tipo risalgono al 1965 / 66. In un video risalente agli inizi degli anni 60, opera del fotografo aurunco Dario Iacobelli, si nota la presenza di questi bengala a conferma di quanto detto finora.

Oggi, è viva più che mai l'usanza di esporre sui davanzali e sui balconi dei lumini con involucro rosso che vengono accesi al passaggio della processione. Grande è il colpo d'occhio che essi producono in special modo nei vicoli più antichi della città, come ad esempio via S. Leo (come si nota nella fotografia pubblicata a corredo).

Molti concittadini usano ancora chiudere le imposte delle finestre e le saracinesche dei negozi, come avviene al passaggio di qualsiasi corteo funebre.

Piccoli ma significativi gesti che contribuiscono ad arricchire la coreografia di una processione antica e spettacolare come poche.
(La foto pubblicata è opera di Giampaolo Soligo da Sessa Aurunca)