lunedì 29 gennaio 2018

Meno 15 .... alla Quaresima !

La Quaresima si avvicina, mancano ormai solo 15 giorni al Mercoledì delle Ceneri, 14 febbraio 2018, giorno che segna l'inizio di questo periodo a noi Sessani tanto caro; un'attesa tra le più brevi degli ultimi anni (rimandiamo in proposito ad altri articoli già pubblicati in passato su questo blog).
La maggior parte dei Sessani appella con il termine “attesa" questo lasso temporale che intercorre tra l'Epifania (che segna la fine delle festività natalizie) e l'inizio della Quaresima (quest'anno soli 39 gg.).
Ma come ci si prepara all’inizio della Quaresima ?
Per rispondere a questa domanda occorre fare delle distinzioni.
Iniziamo dalla liturgia.
Nella Chiesa Cattolica un tempo esisteva il Tempo di Settuagesima (così è chiamato nel Messale di Giovanni XIII) o Tempo di Carnevale, un tempo liturgico penitenziale previsto dal calendario della forma straordinaria del rito romano. Costituiva una preparazione alla Quaresima; in questo tempo si iniziava l’astinenza dalle carni nei giorni feriali. Con una durata di due settimane e mezzo, comprendeva le seguenti domeniche, note anche con la prima parola latino del salmo dell'introito:

  • Domenica di Settuagesima "Circumdederunt" (Circumdederunt me gemitus mortis)
  • Domenica di Sessagesima "Exsurge" (Exsurge, quare obdormis, Domine)
  • Domenica di Quinquagesima "Esto mihi" (Esto mihi in Deum protectorem, et in locum refugii, ut salvum me facias)
Terminava con il Martedì grasso, cioè il giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri. Il colore liturgico di questo tempo era il violaceo. L'altare veniva spogliato dai fiori e non si cantava la dossologia maggiore domenicale (Gloria), né l’Alleluia come acclamazione al Vangelo, sostituita dal tratto, tipico dei tempi penitenziali.
Anticamente nelle Chiese Suessane si celebrava il “Carnevale delle Ceneri”, ovvero un triduo di preparazione alla Quaresima nella domenica di Quinquagesima e nei due giorni successivi (lunedì e martedì grasso). Tale usanza è attestata nell’Archivio Storico dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso che faceva celebrare il Triduo, oltre che nella Chiesa di San Giovanni a villa (nella domenica di quinquagesima), nelle Chiese di San Francesco (annessa al Convento dei Francescani Osservanti) e nell’eremo di Santo Spirito (ancora esistente lungo la via antica che conduceva alla frazione di Marzuli).
Sempre analizzando i registri di cassa dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso (1769-1798) si apprende che nei giorni del Carnevale la chiesa di San Giovanni a villa veniva preparata con grande cura. I finestroni venivano oscurati con panni neri mentre l’altare, la balaustra in marmo e le portelle di ottone venivano accuratamente ripuliti da esperti maestri marmorari. Sull’altare maggiore (diverso da quello attuale) veniva montato un “tosello”, ovvero una grande macchina di legno e stoffe per l’esposizione del Santissimo Sacramento (durante le cd. “Quarantore”). I Misteri venivano ripuliti e, se necessario, accomodati da falegnami e facchini. E grande cura si riponeva nell’addobbo della Chiesa, nell’acquisto delle cere (per la Settimana Santa si acquistava cera pregiata) e nella preparazione dei paramenti sacri. E proprio per questo motivo la seconda e la terza Messa del triduo delle Ceneri venivano celebrate in altre Chiese, poiché la Chiesa di San Giovanni restava chiusa due giorni per questi “lavori preparatori”.
Nella forma ordinaria del rito romano il tempo di Carnevale ha lasciato il posto al tempo ordinario, non esiste più il Triduo di Carnevale e le Chiese non subiscono più le trasformazioni di un tempo. I fedeli si preparano a questo periodo forte del calendario liturgico in modo riservato e personale.
Veniamo ora ad un altro aspetto importante: la preparazione della “Quaresima”.
Per “Quaresima” si intende una statuina (di forma e dimensione variabile) che raffigura una vecchina “longa e teseca” (alta e magra), vestita di nero, con il fazzoletto nero sulla testa e con in mano la “conocchia” (è uno strumento che in coppia con il fuso serve a filare) e la “ramazza” (scopa), simboli del lavoro domestico di un tempo. Dall’orlo della gonna (che un tempo scendeva a campana, come era di moda) penderanno i cibi magri tipici della Quaresima: la “scella di baccalà”, il vino, le “pacche secche”, le arringhe salate ecc. Al centro verrà sospesa un’arancia, frutto del periodo, in cui saranno infisse sette piume, simbolo delle sette settimane del periodo quaresimale, sei di colore scuro ed una bianca. Le piume saranno via via tolte, ogni domenica lasciando quella bianca per ultima. La Quaresima sarà “appesa” al davanzale di un balcone  o all’interno di un portone e dopo averla esposta il più piccolo componente della famiglia ripeterà tre volte la filastrocca “Coaéresema secca secca, che se mangia pacche secche, i’ ricietti: rammene una … me schiaffai ‘nu cincofrunni ! I’ ricietti: rammene nata … Me schiaffai ‘na zucculata”. Un tempo la “Quaresima” veniva fatta saltare per aria, con uno scherzo pirotecnico, nel giorno di Pasqua e sostituita con un’altra bambola paffuta e carica di uova e dolci. Pertanto, le settimane che precedevano l’inizio del periodo quaresimale servivano a prepararne una “nuova” utilizzando materiali di scarto o comunque di poco valore. Oggi, invece, i fortunati possessori della “Quaresima” la preparano per l’esposizione negli ultimi giorni, visto che non viene più distrutta.
Come si preparano, invece, i cantori (o aspiranti cantori) del Miserere ?
Il canto del Miserere è il sottofondo del periodo Quaresimale. Le arcaiche note del Salmo 50 di Davide risuoneranno nella chiesa di San Giovanni a villa nelle celebrazioni dei “venerdì di marzo” e lungo le strade del centro storico di Sessa nelle notti del Mercoledì delle Ceneri e di tutti i venerdì quaresimali e della Settimana Santa.
I cantori del Miserere, ed in particolare gli aspiranti cantori, approfittano delle settimane che precedono la Quaresima per provare, amalgamarsi, allenare le voci. Per farlo si ritrovano in una casa isolata oppure in luogo dove nessuno potrà udirli perché il Popolo dovrà ascoltare il Miserere solo dopo la funzione delle Ceneri.
Il Prof. Nando Tommasino nel suo saggio “Giovedì Santo” del 1943 scrive in proposito: Se vi è una tradizione alla quale il popolo è veramente attaccato, è proprio questa del “Miserere”, tradizionalmente nostro perché i giovani di oggi lo hanno appreso dai nostri padri, così come questi dai nostri nonni …. Il cantarlo era per tutti il più ambito privilegio: quelli che non ancora lo conoscevano, ma che avevano desiderio di impararlo, si ritiravano in una casa dove non potessero essere uditi o in qualche portone solitario ed oscuro per apprendere un po’ alla volta, con tenacia, con pazienza, con fede quasi, per raggiungere la mèta più sospirata.
Al di là, comunque, di tutte le predette considerazioni questo è un tempo di grande fermento nella nostra città in cui tutti (o quasi) avvertono che qualcosa sta per accadere.
Ed in fondo ciò che conta davvero è il modo in cui ci prepareremo a vivere quello che verrà dopo "l'attesa"...
Buona attesa a tutti !