lunedì 17 settembre 2012

La processione dell'Addolorata dell'Annunziata

Ieri sera, domenica 16 settembre 2012, si è svolta a Sessa Aurunca (Ce) la tradizionale processione del quadro della Pietà, conservato nella Chiesa dell’Annunziata. Una processione a cui la popolazione (specie quella più anziana) è molto legata, che si svolge ogni sette anni in occasione della festività dell’Addolorata che ricade il 15 settembre. La processione, è iniziata alle ore 19 ed è terminata alle ore 20:45, dopo aver attraversato quasi tutto il centro storico percorrendo nell’ordine: via Giovanni Bruno, via Ospedale (fino alla piazzetta delle case popolari), di nuovo via Giovanni Bruno, piazza XX Settembre, Corso Umberto I°, Corso Lucilio (fino all’arco dei Cappuccini), via Paolini, piazza Duomo, via Garibaldi e di nuovo corso Umberto I° e piazza XX Settembre. L’accompagnamento musicale è stato curato dal Concerto Bandistico Città di Sessa Aurunca diretto dal M° Prof. Benedetto Zonfrillo.
Molti concittadini, soprattutto i più giovani, non conoscono le origini di questa antica processione che si svolge ogni sette anni da almeno due secoli e mezzo. Per questo motivo abbiamo ritenuto utile dedicare questa nota a quella che è probabilmente la meno conosciuta di tutte le antiche tradizioni suessane. Iniziamo dall'esame del quadro e dalla sua storia.
Trattasi di un olio su tavola del XV secolo, di autore anonimo, che raffigura il corpo di Cristo morto disteso tra le braccia della Madre, dal volto dolente, che con una mano gli sorregge il capo e con l’altra tiene il braccio sinistro. Dietro la scena si distende un ampio paesaggio collinare. Esso proviene dalla diruta chiesa di S. Biagio (le cui rovine sono ancora oggi visibili in piazza Giovanni Bruno) e, in particolare, dalla cappella della famiglia Mennillo. Nella seconda metà del 1700 fu trasferita nell’Oratorio dell’Annunziata, restaurato dai Sessani nel 1817. Posto a destra del presbiterio, l’oratorio presenta una volta a padiglione, decorata a rosoni e cornici mistilinee. Due finestre strombate si aprono sulla parete destra, mentre sull’altare, in marmi policromi, si trova la cona marmorea con il dipinto della Pietà. L’opera non è priva di suggestioni: ne è prova il volto della Vergine, scavato dal dolore, che si contrappone a quello livido del Figlio morto. Il Prof. M. Villucci prendendo spunto dal gusto popolaresco ed espressivo che promana dall’opera, con aperture culturali in direzione della Catalogna e delle Marche, la pone in stretto rapporto iconografico con ambedue le Pietà di Roberto d’Oderisio, l’una nella Chiesa della Pietatella alla Carbonara di Napoli e l’altra nel Museo Pepoli di Trapani e l'apparenta, altresì, con la Pietà della Chiesa dell’Annunziata di Maddaloni, attribuita al primo decennio del XV secolo.
Il dipinto è stato restaurato due volte nel secolo scorso. La prima volta nel 1950, con un intervento particolarmente infelice, e la seconda volta nel 1986, con un restauro accurato eseguito dal Dr. Giuseppe Maietta di Marcianise.
Il quadro, ogni anno, nel mese di settembre, viene esposto alla pubblica devozione sull’altare maggiore della Chiesa dell’Annunziata in occasione del novenario che culmina con la celebrazione del 15 settembre. Inoltre, ogni sette anni, il dipinto, inserito in una preziosa macchina processionale in ottone ed argento (che ricorda nelle fattezze quella della Madonna del Popolo, anche se di dimensioni inferiori) montata su una base di legno indorato, viene portato a spalla (da 6 persone) attraverso le principali vie della città. Da alcuni anni ad occuparsi dell’organizzazione della processione e del trasporto del quadro è l’arciconfraternita di S. Biagio, proprietaria del dipinto che, come detto, era conservato proprio nella chiesa intitolata al Vescovo di Sebaste di proprietà del sodalizio.
Ma quando ha origine questa processione ?
Secondo la tradizione, in seguito ad un nubifragio ed ad una grandine copiosissima caduta nella notte del 21 novembre 1763 mons. Granata (Vescovo pro tempore) impose che dalla Chiesa di S. Biagio partisse una processione penitenziale con l’immagine dell’Addolorata, evidentemente già fonte di particolare devozione popolare. L’immagine rimase esposta per otto giorni nella Cattedrale dove fu oggetto di venerazione da numerosissimi fedeli venuti, anche dal circondario, per scongiurare la protezione contro le calamità in corso. E la Vergine Addolorata accolse le suppliche del suo popolo per cui l’immagine fu riportata nella chiesa di San Biagio con una processione festosa. Tuttavia a causa del notevole culto popolare che si sviluppava giornalmente, con una ressa di fedeli che giungevano da tutti i casali, e per la ristrettezza della Chiesa, si decise di edificare un altare dedicato all’Addolorata nella più capiente e vicina chiesa dell’Annunziata dove l'immagine fu traslata. Inoltre, dal 1763 il Vescovo Granata stabilì che ogni sette anni avesse luogo la processione dell'immagine miracolosa per le vie della città in occasione della festività dell’Addolorata (per l’appunto il 15 settembre). E da allora, ogni sette anni, si svolge questa antica processione.
Nel passato, in occasione della processione settennale, si organizzavano grandiosi festeggiamenti popolari, spesso superiori per sfarzo alla stessa festa della Titolare, la Madonna del Popolo. Negli ultimi decenni, però, la festa popolare ha lasciato spazio alle cerimonie religiose e ciò ha consentito il recupero del significato puramente religioso, e quasi penitenziale, di questa processione che si svolge in un clima sobrio ed appropriato.
Appuntamento al 15 settembre 2019 !

Bibliografia essenziale:
  1. Il Mensile Suessano n. 64 - Rassegna stampa "Sono 500 anni che il popolo sessano venera l'Addolorata" (1988)
  2. Sessa Aurunca. Un itinerario storico - artistico. M. Villucci - A.M. Romano (1998).
  3. Frati e fabbriche. I Conventi maschili di Sessa Aurunca. G. Di Marco - G. Parolino (2000).

venerdì 10 febbraio 2012

La Confraternita di S. Maria della Misericordia


Nell’antica chiesa di San Giovanni “ad plateam” (a piazza), lungo Corso Lucilio, fu eretta la confraternita di S. Maria della Misericordia (detta popolarmente della “Misericordia”). I primi segni della sua esistenza si rinvengono già nel 1527 ma il sodalizio ottenne il riconoscimento canonico solo il 18 aprile del 1536 con bolla dell’arcivescovo metropolita di Napoli e, successivamente, l’inquadramento giuridico ottenendo il Regio Assenso il 27 settembre 1765 con decreto emesso dal comitato di reggenza, stante la minore età di Ferdinando IV. La vita della congregazione era regolata da un complesso statuto composto di 121 regole, anch’esse approvate nel 1765. La confraternita eleggeva l’Amministrazione (Priore e due assistenti), ogni anno, il 29 aprile (giorno in cui si festeggiava S. Leone IX, protettore della Città), e celebrava solennemente la festa della congregazione il giorno di Pentecoste, portando in processione la seicentesca statua della Madonna della Misericordia, ancora oggi esistente e conservata in una nicchia posta sull’altare laterale sinistro della Chiesa (la statua, un tempo ammirata per la sua bellezza, è stata sottoposta a svariati e discutibili interventi di restauro nel secolo scorso). Questa processione veniva popolarmente chiamata la "processione delle rose" perchè al passaggio della Madonna si lanciavano dai balconi petali di rosa.
L’ente era impegnato in una fervente opera caritativa ed assistenziale ma data la scarsità di rendite i confratelli erano obbligati a turno a questuare il Giovedì in Sessa mentre gli amministratori questuavano per le campagne durante i raccolti. Con i fondi ottenuti, oltre a sostenere le attività di culto, la congregazione stanziava annualmente una somma di dodici ducati per una giovane, figlia o sorella di Confratello, che si maritasse o si facesse monaca di clausura. Per regolare le attività di culto, i Confratelli stipularono una convenzione nel 1763 con l’allora Vescovo Mons. Granata (ancora conservata presso l’Archivio Diocesano), in cui si stabilivano i giorni del mese nei quali i confratelli potevano officiare senza disturbare le cerimonie parrocchiali e lo stipendio che doveva essere versato al Parroco, che era anche il Cappellano della Confraternita. Questo sodalizio seppe mantenere il passo, per oltre due secoli, con le altre confraternite sessane ed occupò un posto non secondario tra le istituzioni che hanno contribuito a rafforzare i sentimenti religiosi e morali dei cittadini. La nota de’ luoghi pii laicali e misti ….. della Metropolia Napoletana, compilata nel 1788, l’assoggettava ad una contribuzione annua, a favore dell’arcivescovo metropolita, di ducati 4,50. Un importo piuttosto elevato che induce a considerare questa congrega tra le prime per importanza e frequenza di cerimonie liturgiche. Svolgeva la sua processione penitenziale durante la Settimana Santa nella pomeriggio del Mercoledì Santo. Infatti, nel carteggio, reso greve dal peso di ricorsi, controricorsi e decreti, accumulatisi negli anni intorno al 1770, per stabilire i diritti di precedenza durante le processioni, Ferdinando IV ordinò che essa doveva occupare l’ultimo posto (essendo la seconda per fondazione dopo l'Arciconfraternita di S. Biagio, che aveva l'onore di aprire la Settimana Santa). A partire dalla seconda metà dell’Ottocento ebbe inizio un lungo ed inesorabile periodo di decadenza. Difatti, nell’inventario prefettizio del 1873, le sue rendite s’erano ridotte a sole £ 142,96. F. Sacco afferma che la confraternita era estinta già nel 1898; al contrario continuò faticosamente ad esistere fino agli anni 50-60 del novecento. L’ultima processione di cui si abbia memoria risale al 1951, anno in cui Sessa fu colpita da un grave terremoto che indusse le confraternite della città a dar vita a processioni penitenziali straordinarie. Gli ultimi confratelli stabilirono la loro sede nella Sartoria “Aulicino” sita in via Garibaldi (oggi non più esistente), fino alla fine degli anni sessanta quando il sodalizio, nell’indifferenza generale, cessò di esistere. I confratelli indossavano una mozzetta di color rosso "cremisi", più vicino ad un rosa scuro (molto simile al colore che hanno le "attuali" mozzette dell'Arciconfraternita di S. Biagio), saio e cappuccio bianchi ed un cordone dello stesso colore della mozzetta. Caratteristico era lo stendardo sulla cui sommità veniva montato un mazzetto di rose dello stesso colore delle mantelle dei confratelli. Nella Chiesa di S. Giovanni a piazza si possono ancora ammirare i segni di questa congregazione. In particolare, sul soffitto della Chiesa è ancora perfettamente conservato un dipinto di forma circolare che riproduce la Vergine Maria con in braccio il Bambino mentre accarezza due incappucciati della confraternita. Anche sulla facciata della Chiesa è ben visibile un bassorilievo con il simbolo della congregazione, sebbene il colore sia ormai quasi del tutto illegibile. Di recente, sono stati ritrovati la preziosa coltre funeraria (con ricami in filo d'oro), lo stendardo, la Croce penitenziale ed alcuni abiti che, grazie all'intervento di benemeriti concittadini, sono stati restaurati ed esposti alla cittadinanza a testimonianza della presenza di questo sodalizio nella storia della nostra città (le foto esposte sono di Giampaolo Soligo). La lunga storia di questo sodalizio termina, anche legalmente, il 6 dicembre 2010 allorquando è stata dichiarata la sua estinzione con decreto del Ministero dell'Interno pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 27 del 3 febbraio 2011. Chissà ... forse un giorno qualcuno deciderà di rifondare questa congregazione ereditando un importante lascito storico, culturale e religioso che non doveva andare perduto.

domenica 5 febbraio 2012

L'antica processione del Mistero di San Carlo

In questa fredda, freddissima domenica invernale di inizio febbraio, proponiamo un altro cimelio storico di grandissima importanza nell’intento di scaldare gli animi di tutti gli appassionati delle nostre antiche tradizioni … Dopo aver esaminato in sequenza una foto della processione dell’Addolorata ed una dei Misteri del SS. Crocifisso, dedichiamo uno spazio alla processione del Mistero della Deposizione (S. Carlo).
L’immagine che pubblichiamo è dello stesso anno di quella dell’Addolorata pubblicata alcuni giorni fa, risalente, dunque, al Venerdì Santo 8/04/1898 e ritraente il Mistero della Deposizione che scende lungo Corso Lucilio nei pressi di quello che un tempo era l’ufficio dei “Regi Telegrafi” (di lì trasferito nel 1902), oggi sede di un negozio di abbigliamento (di proprietà del Sig. Pierluigi Marchegiano). La fotografia è in ottime condizioni, molto nitida e ricca di dettagli (in condizioni migliori rispetto all’altra) alcuni dei quali davvero interessanti.
Iniziamo dal contesto. La fotografia è stata scattata nel bel mezzo di una giornata serena (a guardare il cielo) e l’illuminazione è intensa non generando ombre sulla facciata delle abitazioni (come nella fotografia dell’Addolorata), ma solo sotto il berretto del Carabiniere e la bombetta del signore visibile sul lato sinistro (questo vuol dire che il Sole era ben alto nel cielo). Anche gli occhi corrucciati dei portatori, tipici di uno sguardo disturbato dal Sole “negli occhi”, confermano che la foto è stata eseguita con il Sole alle spalle del fotografo (come d'altronde era necessario fare per non saturare le prime delicate pellicole dell'epoca), in un orario compreso tra le 12:30 e le 13:30, in linea con gli orari tipici di questa processione che - lo ricordiamo (confronta altro articolo) - procedeva separata da quella dell’Addolorata (onde evitare spiacevoli incontri), precedendola e concludendosi tra le 14 e le 15.
Il primo è più rilevante elemento della fotografia sono i due angioletti “maschi” visibili proprio in primo piano, davanti alla statua. Oggi siamo abituati a vedere solo le “bambine” vestite da “angioletti” e spesso in un’età così precoce da costituire un ostacolo alla stessa processione (poichè non sono in grado di camminare da sole). In passato, invece, gli angioletti erano bambini “maschi” di età compresa fra i 3 ed 8 anni in grado di camminare da soli. I due bambini non vestono l’abito tradizionale a cui oggi siamo abituati (di colore nero ed argento) ma uno sfarzoso abito bianco e celeste, con fibie ed inserti dorati ed elmetti con riccioli d’oro e artificiosi pennacchi e piumaggi. Inoltre, uno dei due (quello di sinistra) impugna con la mano destra quella che sembra una piccola spada mentre l’altro (quello a destra) regge una catenella, quasi sicuramente un incensiere. Più che di abiti possiamo parlare di vere e proprie riproduzioni delle armature con cui veniva tradizionalmente rappresentato l’Arcangelo S. Michele nell’iconografia classica (confronta l’immagine). Abiti sfarzosi, sicuramente molto costosi e difficili da confezionare, appannaggio dei piccoli rampolli delle famiglie più ricche e benestanti. Questi stessi abiti venivamo poi riutilizzati durante la processione della Madonna del Popolo del Lunedì in Albis poichè la presenza di questi piccoli bambini dall’aspetto puro ma nel contempo minaccioso, come tutti gli arcangeli, esercitava un’importante funzione esorcizzante sul popolo. In una futura nota, in cui pubblicheremo altre foto che mostrano angioletti simili in altre processioni degli anni 20, spiegheremo in dettaglio l’origine di questa tradizionale usanza, la sua evoluzione nel corso del tempo ed il motivo per cui la presenza dei maschietti non deve stupire.
Nell’immagine si notano almeno sei piccoli confratelli (uno di questi porta in mano una grossa candela spenta), quattro dei quali sotto la base della statua. La presenza di così tanti bambini (evidentemente richiamati dalla novità della fotografia) testimonia, ancora una volta, l’attaccamento delle nuove generazioni verso le nostre antiche tradizioni. Purtroppo, non ci è possibile individuare nessuna di queste persone, la più giovane delle quali è sicuramente deceduta già da molto tempo.
Ad una prima occhiata risalta l’assenza del pallio; tuttavia esaminando la foto con maggiore attenzione si può intravedere che il pallio è presente ma nascosto dietro la statua (osservate con attenzione il piccolo riquadro vicino alla mano abbassata di Gesù e vedrete il pomo di una delle aste).
Anche in questa fotografia fanno bella mostra di sé due carabinieri in alta uniforme, uno dei quali è proprio in primo piano, con i suoi baffoni (di moda in quel periodo), la sua bella divisa dai bottoni dorati e la spada d’ordinanza nel fodero. Si notano anche alcuni bambini, un adulto in borghese, e in lontananza due donne su un balcone. Ad incorniciare la scena i palazzi del Corso Lucilio, tutti ben tenuti, e squadrati.
Analizziamo ora la statua, evidenziando le principali differenze con il presente.
I portatori sono 4, due per sdanga, ciò vuol dire che in totale dovevano essere 8, forse 10, contro i 24 e più di oggi. Considerando che la processione aveva una durata maggiore rispetto a quella attuale, dovevano essere persone molto robuste per sopportare il notevole peso del Mistero in così pochi e per tante ore, forse uomini di mestiere (ricordiamo che un tempo l’appartenenza alla confraternita di S. Carlo Borromeo era riservato solo a persone di classe sociale medio-bassa), ed il viso dei portatori sembra confermare questa nostra supposizione. Le sdanghe erano molto corte, non più di 30 /40 cm, ed infatti il secondo portatore riesce a stento ad inserire la testa (anche a causa del giardinetto). Sdanghe così corte (come quelle che appaiono nell’altra foto dell’Addolorata) ci indicano che, probabilmente, in passato il numero dei confratelli portatori era di 6 o addirittura di 4 (Pasquale De Luca, noto giornalista suessano dell’ottocento, in un suo articolo del 1861 parla di sei portatori). E ciò non deve stupire visto che le due processione di San Carlo e del SS. Rifugio sono più recenti rispetto a quella dei Misteri del Venerdì Santo ed è probabile che le due confraternite, almeno all'inizio, abbiano tentato di imitarne i tratti salienti, anche con riferimento al numero dei portatori.
I confratelli indossano delle mantelle che ancora oggi è possibile vedere durante le processioni del Mercoledì e Sabato santo, che nelle foto sembrano pulite e senza scoli di cera.
Sulla pedana (di legno spesso almeno 10 cm) spiccano alcuni elementi interessanti. Intanto possiamo ammirare un bel gardinetto di metallo (forse argento?) con 10 candele composto da tre candelieri separati (due laterali, con tre candele ognuno, ed uno centrale, con quattro ceri). Dietro al gardinetto si possono identificare delle candele votive appoggiate sulla base, segno che l’usanza di donare la cera alla confraternita durante la processione è molto antica. Ai due lati della statua ci sono due mazzetti di “camelie” (non si riesce a capire se bianche o rosse) che sembrano essere attaccati su due supporti di legno, forse in origine utilizzati come sostegni per lumetti votivi.
La Madonna appare nella postura attuale con un abito ed un mantello identici a quelli attuali (anche il colore sembra lo stesso) ma il braccio destro (quello con il fazzoletto) è scoperto (mentre oggi viene coperto con il mantello).
Le due figure ai piedi della Croce sono rivolte di profilo, guardando verso l'addome del Cristo (oggi sono spostate leggermente più indietro e guardano in avanti). D’Arimatea e Nicodemo indossano il tipico copricapo arabeggiante ma invece dei piumaggi ci sono due pennacchi bicolore (blu e rosso) di quelli in uso ai Carabinieri (ed ancora oggi visibili nell’uniforme storica dell’Arma). Inoltre, dai loro copricapo (confrantate la figura di destra) discende un velo bianco leggermente più lungo di quello attuale ed impreziosito da vistosi merletti di pregevole fattura artigianale (oggi, invece, c'è un velo semplice). Il personaggio alla destra della Croce è rivolto di profilo ed ha il braccio sinistro disteso ed abbassato, indossando un mantello scuro (crediamo marrone) con un bordino dorato ed una cintura lunga e chiara (forse gialla) composta da due nastri di stoffa. Non riusciamo, purtroppo, ad ammirarne le calzature. Il personaggio di sinistra, invece, ha il capo ed il corpo inclinato verso destra (sinistra per chi guarda) con il braccio destro abbassato ed indossa un mantello chiaro (forse giallo) ed un secondo abito, simile ad una tunica (e quindi non un pantalone come oggi), di colore più scuro (forse marrone). La Croce presenta la scritta INRI su una base “a pergamena” (recentemente è stata ripristinata); Gesù ha il capo un po’ più inclinato, il braccio destro teso, una vistosa ferita sulla gamba sinistra ed un panneggio sul ventre dalle pieghe più accentuate. Il telo bianco per la deposizione, passato sotto le spalle del Cristo, è avvolto direttamente ai due lati della Croce, e poi fatto scendere lungo il corpo del Cristo. In buona sostanza, il Cristo sembra essere più che disteso, “appeso”, in una posa più naturale rispetto ad oggi.
Questa fotografia costituisce un’altra preziosa testimonianza del nostro passato che lasciamo ora alla vostra visione con la speranza che possa suscitarvi emozioni come ha fatto con noi.

mercoledì 1 febbraio 2012

Il Giovedì Santo negli anni venti ...

L’attesa della Quaresima continua … mancano ormai solo 20 giorni all’inizio del periodo tanto caro ai Sessani e per far crescere ancora di più l’emozione nel cuore di ognuno, dopo aver esaminato un’antichissima fotografia della processione dell’Addolorata, eccovi un’altra immagine storica, probabilmente la più antica mai realizzata durante la processione dei Misteri.
Questa foto risale al periodo in cui la processione dei Misteri si svolgeva di Giovedì Santo, iniziando nel primo pomeriggio, verso le 16. Solo dal 1957, per volere della Congregazione dei Riti (Vaticano), la processione fu spostata al Venerdì Santo (e quella del Venerdì al Sabato Santo).
La foto è rovinata ed i bordi sono in gran parte sgualciti o strappati. Tuttavia, la parte centrale è abbastanza nitida e ci offre diversi spunti di riflessione.
Innanzitutto cerchiamo di datarla. Esaminiamo alcuni dettagli che potrebbero venirci in soccorso. Sopra al portone del Chiostro del Convento Francescano c’è un’asta da bandiera ed il simbolo della Reale Arma dei Carabinieri.
Dal mese di marzo del 1806 il convento dei frati minori fu soppresso; la Chiesa fu affidata all’Arciconfraternita del SS. Crocifisso ed il convento adibito ad altre funzioni.
Dal 1861 fu utilizzato come caserma dei Regi Carabinieri, tanto è che nel 1881 nel registro del catasto dei fabbricati il convento risultava utilizzato proprio caserma dei Carabinieri Reali.
Con atto rogato dal segretario comunale dott. Carlo Sangiorgio e registrato a Sessa il 5 dicembre 1933 avvenne una permuta tra il Comune di Sessa Aurunca e la Provincia di S. Giacomo della Marca dei frati minori, rappresentata da padre Teofilo, al secolo Francesco Carminati, con la quale il Comune cedeva il convento di S. Giovanni, già ad uso caserma dei Carabinieri Reali, ed in cambio prendeva il convento di S. Stefano. Il 13 novembre 1935, a seguito di decreto vescovile del giorno 11, anche la Chiesa tornò nelle mani dei frati minori.
Pertanto, la foto non può che risalire al periodo antecedente al 1933.
Tuttavia, è utile ricordare che già alle fine degli anni venti i Carabinieri si trasferirono presso l’altro convento dismesso della città di Sessa Aurunca, quello dei frati domenicani. Per cui possiamo sicuramente affermare che non risale all’inizio degli anni trenta ma agli anni 20. Anche altri dettagli ci inducono in questa direzione.
La villa comunale è recintata soltanto con il filo spinato; invece, in una famosa cartolina dell’inizio degli anni 30, che ritraeva il monumento ai caduti della villa comunale (che un tempo sorgeva dove oggi c'è la fontana) e la facciata della Chiesa di S. Giovanni (definita Chiesa del SS. Crocifisso) già si poteva notare la presenza del muretto perimetrale con le inferriate (come oggi).
Nella foto non si vedono autoveicoli e questo è molto strano atteso che la strada provinciale che passa davanti alla Chiesa è sempre stata molto trafficata. Anche la distanza tra le statue dimostra che i confratelli “se la prendevano comoda” non essendo assillati, come oggi, dal traffico. Ciò era possibile negli anni venti, quando le autovetture erano ancora una rarità, ma meno negli anni trenta, quando, invece, cominciarono a diffondersi gli automezzi, specie per il trasporto merci.
Un altro elemento che ci induce a pensare che questa foto risalga agli anni venti è l’abbigliamento dei partecipanti e l'aspetto degli abiti dei confratelli (che appaiono nuovi - notare lo stemma sul cappuccio del portatore del Terzo Mistero). I sai sono in ottime condizioni e ciò confermerebbe la nostra datazione agli anni 20 visto che furono commissionati verso la metà degli anni dieci. Un ultimo dettaglio è l’assenza di personaggi in abiti fascisti. E’ risaputo che i gerarchi fascisti, approfittando del proprio ruolo, si intromisero anche nella gestione delle processioni del Giovedì e Venerdì Santo, dando luogo ad alcune delle degenerazioni che poi, purtroppo, furono mantenute anche dopo il 1943. E’ inverosimile che in una fotografia del genere, una vera rarità per l’epoca, un costoso lavoro professionale (in quel periodo non esistevano i fotoamatori), probabilmente commissionato e pagato dallo stesso sodalizio, qualche gerarca del tempo non avesse approfittato per farsi riprendere in alta uniforme … per i posteri !
In altre foto del periodo successivo questo accadde quindi non c’è da meravigliarsi …
Per tutti questi dettagli ed anche per la qualità dell’immagine (la vignettatura presuppone l’uso di una macchina fotografica molto vecchia) riteniamo che questa fotografia, quasi certamente, risalga all’inizio degli anni venti.
Inoltre, l’abbigliamento invernale dei fedeli (quasi tutti uomini con cappotti e soprabiti), gli ombrelli aperti e l’illuminazione solare abbastanza precaria, ci fanno pensare ad una giornata nuvolosa (se non piovosa) e fredda, tipica delle Pasque che cadono a fine marzo. Per cui, premesso che negli anni 20 la Pasqua cadde nel mese di marzo solo negli anni 1921 (il 27) e 1929 (il 31) possiamo azzardare l’ipotesi che risalga al Giovedì Santo 24 marzo 1921.
Esaminiamo, ora, altri dettagli. Partiamo dalla Chiesa. La facciata appare pulita, ben tinteggiata, certamente in condizioni migliori rispetto a quelle attuali. I confratelli del SS. Crocifisso, come detto, ne avevano ereditato la proprietà dai frati minori nel 1807 e si erano preoccupati, in più occasioni, di investire le loro ingenti risorse per la relativa ristrutturazione. Altro elemento interessante è l’assenza del muretto davanti alla porta della Chiesa sostituito da un declivio di terreno. Dalla foto non riusciamo a capire se la piazza era asfaltata o meno, ma dal riquadro in alto a destra (più chiaro) sembra proprio di no.
Nella piazza si notano due “carraciuni”, uno spento (per il rientro), l’altro acceso, con il fumo che divampa proprio dietro al Quarto Mistero. Questo conferma che l’usanza di accendere i carraciuni (i falò) al passaggio dei Misteri è molto antica.
I confratelli hanno il cappuccio abbassato, i vestiti, come detto, sembrano nuovi e ben tenuti (nelle foto dei decenni successivi non saranno più così dignitosi …), alcuni portatori indossano i guanti, e la processione è abbastanza ordinata.
Passiamo alle statue. Il terzo Mistero appare in primo piano mentre il quarto è abbastanza lontano e sfocato; in ogni caso, per quello che si può vedere, i Misteri appaiono identici ad oggi (a seguito del restauro del 2003), puliti ed in ordine, senza camelie (trattasi di un’usanza abbastanza recente), con gli angioletti nudi (senza il pannetto) e con dei giardinetti di legno (sembrano delle piccole saette) montati sulle pedane con cinque lunghe candele spente. Questi giardinetti furono eliminati in occasione del restauro del 1958, poiché scomodi e pericolosi per i portatori; sempre in quella occasione furono coperti gli angioletti poiché l’allora padre guardiano del convento (padre Pizza) riteneva che costituissero un’inaccettabile oltraggio per il “decoro e la morale pubblica”. La Croce, invece, è identica ad oggi.
La gente è numerosa (quasi tutti uomini) ma non come oggi e si accalca soprattutto vicino all’ingresso della Chiesa, intenta ad osservarne l’interno dove il Cristo Morto e le Tre Marie forse erano stati appena sollevati dagli scranni, visto che i musicanti (quelli con il berretto alla sinistra della Croce) non stavano suonando. Non si vedono il primo ed il secondo Mistero che dovevano trovarsi già in piazza Tiberio (il primo) e lungo via delle Terme (il secondo).
Questo è l’elemento più sorprendente di questa antica immagine, la notevole distanza che c’è fra le statue (il primo mistero era già in piazza Tiberio mentre il Cristo e le Tre Marie erano ancora in Chiesa). Perché tutta questa distanza ?
Pur vero che in quel periodo non c’erano turisti e fedeli come oggi, per cui non era necessario mettere i (pochi) confratelli in fila o utilizzare cordoni. Ed ancora, non c’erano fotografi (professionisti e non), automobili o autoambulanze da schivare o giornalisti invadenti. Ma alcune fotografie dell’inizio degli anni 40 (che esamineremo in seguito), in condizioni ambientali simili a quelle della foto che stiamo esaminando, mostrano un corteo identico a quello dei giorni nostri, con i Misteri tutti abbastanza vicini fra di loro (ad una distanza di 5 / 10 mt).
Perché, dunque, tutta questa distanza ? Possiamo provare ad avanzare due ipotesi.
Questa particolare disposizione dei Misteri potrebbe essere frutto di una precisa scelta dell’amministrazione della confraternita (ogni amministrazione cerca di dare la sua impronta alla processione) per dare ad ogni gruppo statuario il giusto spazio per la cunnulella e per favorire l’ordine (anche i portatori con i cappucci abbassati sembrano essere un indizio in tal senso). A sostegno di questa ipotesi, se diamo per buona la datazione della foto al 1921, è importante precisare che questa fu la prima processione ad essere diretta dal priore Giacomo Spicciariello (che resterà in carica dal 1921 al 1927) ed è risaputo che ogni priore, appena eletto, si impegna al massimo per ottenere una processione ordinata e dignitosa, magari anche modificandone l'assetto.
L’altra ipotesi è che questa particolare conformazione del corteo costituisse un retaggio di quella che doveva essere la disposizione delle statue in un passato più remoto.
Ricordiamo che fino al 1840 nella processione non c’era la banda musicale, e quindi le marce funebri, ma solo il Miserere. Il Prof. Nando Tommasino nel suo pregevole libro "Giovedì Santo" (edito nel 1943) racconta che ogni Mistero aveva il suo trio mentre i cantori più bravi ed affiatati cantavano vicino al Cristo Morto. Inoltre, sempre in un passato molto remoto, la funzione principale della processione era quella di rappresentare la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo (così veniva definita la processione nel 1700) in una sorta di via Crucis figurata (che in passato molto più remoto veniva rappresentata da persone in carne ed ossa). Questa funzione “didattica” della processione veniva assolta meglio se le statue procedevano lentamente e distanti fra loro, così da consentire ai fedeli di osservare meglio i Misteri e di riflettere sul loro significato religioso.
C'è però da dire che quello che potrebbe sembrare valido per il 1700 o per la prima metà del 1800 sembra però più strano nel 1900 visto che ad una distanza simile era difficile per i portatori dei primi due Misteri ascoltare le note delle marce funebri. Oggi siamo abituati a vedere i Misteri uscire dalla Chiesa nel giro di pochi minuti, praticamente nell’arco della durata della prima marcia funebre. E spesso, nonostante il corteo processionale dei nostri tempi sia “compatto e corto”, i portatori dei primi due misteri si lamentano di non riuscire ad ascoltare le marce funebri. Come facevano all’epoca questi confratelli ad ascoltare la musica ?
Forse in quel periodo non era essenziale ascoltare le marce funebri ? Forse era più importante ascoltare il Miserere ? Oppure la minore partecipazione popolare consentiva di ascoltare la musica anche ad una distanza di 150/200 metri ?
Oppure siamo semplicemente di fronte ad una delle tante (e per fortuna temporanee) innovazioni personali apportate da un priore ?
Difficile dirlo … sicuramente in passato i Misteri uscivano dalla Chiesa più lentamente di oggi, forse venivano eseguite due o più marce e di sicuro la processione proseguiva più lentamente, con una durata di almeno 10/12 ore (contro le 6 di oggi). Ed è anche probabile che in passato non fosse essenziale per i portatori ascoltare le marce funebri (un elemento relativamente recente) ma solo il Miserere (il che, spiegherebbe questa particolare disposizione dei Misteri).
Nel dubbio, però, una cosa è certa, questa immagine, proprio come quella dell’Addolorata del 1898, trasmette emozioni ed indicazioni a tutti quelli che amano le nostre antiche tradizioni e sono interessati a capirne la storia e l’evoluzione.

giovedì 26 gennaio 2012

L'antica Addolorata

Quest’oggi esamineremo una delle foto più antiche della nostra Settimana Santa che riprende l’Addolorata durante la processione del Venerdì Santo 8/04/1898 (sotto il priorato di Carmine Calepio) mentre discende Corso Lucilio, nei pressi della prima rampa del Castello (incrocio via Garibaldi).
Innanzitutto ricordiamo che fino al 1957 la processione che attualmente si svolge il Sabato Santo si teneva il Venerdì Santo mattina (e quella dei Misteri il Giovedì Santo a sera) ed ancora che fino al 1967 i due cortei processionali (S. Carlo e SS. Rifugio), pur seguendo lo stesso percorso, procedevano separatamente. Esaminando questa foto, leggermente sbiadita ma ben conservata, salta subito all’occhio la posizione del Calvario posto più in alto rispetto ad oggi ed in una posizione leggermente decentrata. Sulla Croce non c’è la scritta INRI e le due scalette non sono simmetriche (quella di destra sembra quasi essersi sganciata). Questa disposizione del Calvario sembra, però, conferire alla scena uno slancio maggiore ed a ciò contribuisce anche il telo della deposizione (il velo bianco sulla Croce) che non è fissato da una fascia centrale, come quello attuale, e quindi può svolazzare liberamente.
Sul manto dell’Addolorata, uguale a quello attuale, non sono appuntati i soldi (come sfortunatamente avverrà nei decenni successivi) e la Madonna non ha una corona (come quella istallata lo scorso anno) ma una semplice e sobria aureola (come è stato fino al 2010).
Interessante è invece la copiosa presenza di ramoscelli di ruta sistemati tutti intorno alla statua, quasi come se dovessero incorniciare la scena con il loro colore verde (che ricorda quello delle mantelline). Questa immagine conferma che l’usanza di distribuire la ruta alla fine della processione è molto antica e riconducibile proprio alla processione dell'Addolorata.
Davanti alla statua c’è un giardinetto di candele (per fortuna recuperato lo scorso anno) mentre ai lati della statua si notano le 4 lunghe candele eliminate qualche anno fa. Lateralmente risaltano gli incensieri legati con i fiocchetti neri proprio come avviene oggi.
Il Cristo appare nella postura attuale ed il legno è chiaro, proprio come oggi. Questo conferma la bontà della scelta operata durante il restauro degli anni 90 allorquando la confraternita, anche contro il parere di molti concittadini, decise di far pulire il legno, annerito dal fumo delle candele di un secolo di processioni.
Nella foto si nota una copiosa partecipazione popolare (come oggi) ma ciò che balza all’occhio è la completa assenza delle donne (le uniche sono quelle affacciate ai balconi). Non si notano neanche le “alluttate”. Presumibilmente le prime "alluttate" (certamente inferiori di numero rispetto ad oggi e ciò non deve meravigliare essendo la foto ambientata in un'epoca particolarmente maschilista) seguivano il corteo dietro il Pallio essendo, quest'ultimo, affidato ai confratelli. Le consorelle, infatti, sostituiranno i confratelli molto tempo dopo come testimoniano altre immagini dei decenni successivi.
Accompagnano la processione due carabinieri in alta uniforme (oggi la chiameremmo uniforme storica). Dietro, vicino ad uno dei portatori, possiamo invece ammirare un vigile in alta uniforme, riconoscibile per l’elemetto. Evidentemente, i Vigili seguivano la statua, mentre i Carabinieri la precedevano. Inoltre, risaltano due individui con un berretto ed una sorta di divisa che sono vicini ai due Carabinieri, forse due guardie oppure molto più probabilmente due musicanti.
I confratelli portatori sono pochi, 2 per lato ma si notano anche dei portatori vicino e sotto la base, questo vuol dire che probabilmente in aggiunta agli 8 portatori sotto le sdanghe c’erano almeno altri quattro confratelli sotto la base, due per lato, per un totale di 12, contro i 24 e più di oggi. I confratelli indossano il cappuccio, abitudine che si perse verso la metà del novecento per poi essere ripristinata negli anni 80. Appaiono anche dei bambini con l’abito, a conferma dell’attaccamento che le nuove generazioni hanno sempre nutrito per i nostri riti pasquali.


Ultimo ma non meno significativo dettaglio: la foto è stata scattata nel pomeriggio, orientativamente verso le 15:30/16, e lo si evince dall’ombra solare che si staglia contro il palazzo alla destra (inclinata di più di 20°). Oggi, la Madonna raggiunge questa stessa posizione verso le 12:30/13 quando il Sole splende (se il tempo è buono) in alto nel cielo, senza proiettare un’ombra così marcata. Un tempo, invece, la processione rientrava in tardo pomeriggio, verso le 16:30/17, prima dell’inizio della funzione tradizionale nel Duomo durante la quale il Cristo Crocifisso veniva schiodato dalla Croce. Questo ritardo serviva anche per non incrociare il corteo processionale del mistero della Deposizione (San Carlo) poiché questa processione precedeva quella dell’Addolorata e si ritirava molto tempo prima, verso le 14 (come oggi). La tradizione voleva che i due cortei non dovessero mai incrociarsi, pena gravi calamità per la città. In realtà questa preoccupazione (di non incrociarsi) era giustificata dal rischio di scontri tra le due confraternite i cui confratelli erano divisi da una vecchia rivalità fomentata anche da questioni politiche ed ideologiche.
Questa foto è un pezzo della nostra storia, una preziosa testimonianza proveniente dal passato che speriamo possa tornare utile agli attuali amministratori dell’Arciconfraternita del SS. Rifugio per la processione che ogni anno organizzano con tanto zelo e devozione.

domenica 22 gennaio 2012

Meno 30 !

L’attesa continua e settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, cresce sempre di più l’emozione per l’imminente inizio del periodo quaresimale …
Nel solco tracciato dalla precedente nota ... vediamo come si calcola la data della Pasqua e quali sono le date limite …
La Pasqua è una festività cosiddetta mobile: la sua data varia di anno in anno perché è correlata con il ciclo lunare.
La Pasqua ebraica e la Pasqua cristiana seguono regole di calcolo differenti e quindi non cadono quasi mai nella stessa data. All'interno del cristianesimo poi vi sono due regole differenti a seconda che si usi il calendario gregoriano (cattolici e protestanti) o quello giuliano (ortodossi). Queste due regole in alcuni anni danno la stessa data (e quindi tutti i cristiani festeggiano la Pasqua nello stesso giorno), in altri anni date differenti. La regola che fissa la data della Pasqua cristiana fu stabilita nel 325 d.C. dal Concilio di Nicea: la Pasqua cade la domenica successiva alla prima luna piena dopo l'equinozio di primavera (21 marzo). Di conseguenza, conoscendo la durata di un mese lunare (29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi), essa è sempre compresa nel periodo dal 22 marzo al 25 aprile.
Quanto detto ci permette di fare chiarezza su ciò che è stato affermato nel 2008 e nel 2011 !
Per la maggior parte delle persone la Pasqua del 2008 (23 marzo) fu la più bassa di sempre e quella dello scorso anno (che cadde il 24 aprile) la più alta … Ma non è così … La Pasqua più bassa cade il 22 marzo (e non il 23), evento molto raro ma comunque possibile. L’ultima volta fu nel 1818 e la prossima si verificherà nel 2285. Leggermente più frequente è la Pasqua che cade il 23 marzo; l’ultima volta accadde nel 2008, la prossima cadrà nel 2160.
Di converso, la Pasqua più alta si verifica il 25 aprile, evento un po’ meno raro rispetto alla Pasqua più bassa. L’ultima volta fu nel 1943 e la prossima nel 2038. Partendo da questi dati possiamo calcolare anche le date in cui può cadere il Mercoledì delle Ceneri. La quaresima può iniziare nel periodo compreso fra il 5 febbraio ed il 10 marzo. Affinché accada il primo evento (ovvero le Ceneri il 5 febbraio) si devono però verificare due condizioni, ovvero la Pasqua deve cadere il 22 marzo (la più bassa), e l’anno non deve essere bisestile, altrimenti il mercoledì delle Ceneri slitterà al 6 febbraio. Quando ciò accade l’attesa tra l’Epifania e le Ceneri sarà brevissima, soltanto 29 giorni. Al contrario, quando le Ceneri cadono il 10 marzo avremo un’attesa di 62/63 giorni (a seconda si tratti o meno di un anno bisestile). L’attesa annuale (ovvero il periodo compreso fra una Pasqua ed il Mercoledì delle Ceneri dell’anno successivo), invece, può essere compresa fra un minimo di 304 giorni ed un massimo di 339 giorni.
In conclusione una curiosità .... quali sono i giorni dell’anno sempre e comunque quaresimali ?
La risposta è semplice: i cinque giorni compresi fra il 10 ed il 14 marzo. In questi cinque giorni saremo sempre e comunque in periodo quaresimale poiché la domenica delle Palme può cadere soltanto tra il 15 marzo ed il 18 aprile mentre il Mercoledì delle Ceneri, come detto, tra il 5 febbraio ed il 10 marzo. Ma c’è di più ! I giorni compresi tra il 15 ed il 22 marzo saranno sempre e comunque quaresimali o pasquali.
L’attesa continua …