lunedì 29 gennaio 2018

Meno 15 .... alla Quaresima !

La Quaresima si avvicina, mancano ormai solo 15 giorni al Mercoledì delle Ceneri, 14 febbraio 2018, giorno che segna l'inizio di questo periodo a noi Sessani tanto caro; un'attesa tra le più brevi degli ultimi anni (rimandiamo in proposito ad altri articoli già pubblicati in passato su questo blog).
La maggior parte dei Sessani appella con il termine “attesa" questo lasso temporale che intercorre tra l'Epifania (che segna la fine delle festività natalizie) e l'inizio della Quaresima (quest'anno soli 39 gg.).
Ma come ci si prepara all’inizio della Quaresima ?
Per rispondere a questa domanda occorre fare delle distinzioni.
Iniziamo dalla liturgia.
Nella Chiesa Cattolica un tempo esisteva il Tempo di Settuagesima (così è chiamato nel Messale di Giovanni XIII) o Tempo di Carnevale, un tempo liturgico penitenziale previsto dal calendario della forma straordinaria del rito romano. Costituiva una preparazione alla Quaresima; in questo tempo si iniziava l’astinenza dalle carni nei giorni feriali. Con una durata di due settimane e mezzo, comprendeva le seguenti domeniche, note anche con la prima parola latino del salmo dell'introito:

  • Domenica di Settuagesima "Circumdederunt" (Circumdederunt me gemitus mortis)
  • Domenica di Sessagesima "Exsurge" (Exsurge, quare obdormis, Domine)
  • Domenica di Quinquagesima "Esto mihi" (Esto mihi in Deum protectorem, et in locum refugii, ut salvum me facias)
Terminava con il Martedì grasso, cioè il giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri. Il colore liturgico di questo tempo era il violaceo. L'altare veniva spogliato dai fiori e non si cantava la dossologia maggiore domenicale (Gloria), né l’Alleluia come acclamazione al Vangelo, sostituita dal tratto, tipico dei tempi penitenziali.
Anticamente nelle Chiese Suessane si celebrava il “Carnevale delle Ceneri”, ovvero un triduo di preparazione alla Quaresima nella domenica di Quinquagesima e nei due giorni successivi (lunedì e martedì grasso). Tale usanza è attestata nell’Archivio Storico dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso che faceva celebrare il Triduo, oltre che nella Chiesa di San Giovanni a villa (nella domenica di quinquagesima), nelle Chiese di San Francesco (annessa al Convento dei Francescani Osservanti) e nell’eremo di Santo Spirito (ancora esistente lungo la via antica che conduceva alla frazione di Marzuli).
Sempre analizzando i registri di cassa dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso (1769-1798) si apprende che nei giorni del Carnevale la chiesa di San Giovanni a villa veniva preparata con grande cura. I finestroni venivano oscurati con panni neri mentre l’altare, la balaustra in marmo e le portelle di ottone venivano accuratamente ripuliti da esperti maestri marmorari. Sull’altare maggiore (diverso da quello attuale) veniva montato un “tosello”, ovvero una grande macchina di legno e stoffe per l’esposizione del Santissimo Sacramento (durante le cd. “Quarantore”). I Misteri venivano ripuliti e, se necessario, accomodati da falegnami e facchini. E grande cura si riponeva nell’addobbo della Chiesa, nell’acquisto delle cere (per la Settimana Santa si acquistava cera pregiata) e nella preparazione dei paramenti sacri. E proprio per questo motivo la seconda e la terza Messa del triduo delle Ceneri venivano celebrate in altre Chiese, poiché la Chiesa di San Giovanni restava chiusa due giorni per questi “lavori preparatori”.
Nella forma ordinaria del rito romano il tempo di Carnevale ha lasciato il posto al tempo ordinario, non esiste più il Triduo di Carnevale e le Chiese non subiscono più le trasformazioni di un tempo. I fedeli si preparano a questo periodo forte del calendario liturgico in modo riservato e personale.
Veniamo ora ad un altro aspetto importante: la preparazione della “Quaresima”.
Per “Quaresima” si intende una statuina (di forma e dimensione variabile) che raffigura una vecchina “longa e teseca” (alta e magra), vestita di nero, con il fazzoletto nero sulla testa e con in mano la “conocchia” (è uno strumento che in coppia con il fuso serve a filare) e la “ramazza” (scopa), simboli del lavoro domestico di un tempo. Dall’orlo della gonna (che un tempo scendeva a campana, come era di moda) penderanno i cibi magri tipici della Quaresima: la “scella di baccalà”, il vino, le “pacche secche”, le arringhe salate ecc. Al centro verrà sospesa un’arancia, frutto del periodo, in cui saranno infisse sette piume, simbolo delle sette settimane del periodo quaresimale, sei di colore scuro ed una bianca. Le piume saranno via via tolte, ogni domenica lasciando quella bianca per ultima. La Quaresima sarà “appesa” al davanzale di un balcone  o all’interno di un portone e dopo averla esposta il più piccolo componente della famiglia ripeterà tre volte la filastrocca “Coaéresema secca secca, che se mangia pacche secche, i’ ricietti: rammene una … me schiaffai ‘nu cincofrunni ! I’ ricietti: rammene nata … Me schiaffai ‘na zucculata”. Un tempo la “Quaresima” veniva fatta saltare per aria, con uno scherzo pirotecnico, nel giorno di Pasqua e sostituita con un’altra bambola paffuta e carica di uova e dolci. Pertanto, le settimane che precedevano l’inizio del periodo quaresimale servivano a prepararne una “nuova” utilizzando materiali di scarto o comunque di poco valore. Oggi, invece, i fortunati possessori della “Quaresima” la preparano per l’esposizione negli ultimi giorni, visto che non viene più distrutta.
Come si preparano, invece, i cantori (o aspiranti cantori) del Miserere ?
Il canto del Miserere è il sottofondo del periodo Quaresimale. Le arcaiche note del Salmo 50 di Davide risuoneranno nella chiesa di San Giovanni a villa nelle celebrazioni dei “venerdì di marzo” e lungo le strade del centro storico di Sessa nelle notti del Mercoledì delle Ceneri e di tutti i venerdì quaresimali e della Settimana Santa.
I cantori del Miserere, ed in particolare gli aspiranti cantori, approfittano delle settimane che precedono la Quaresima per provare, amalgamarsi, allenare le voci. Per farlo si ritrovano in una casa isolata oppure in luogo dove nessuno potrà udirli perché il Popolo dovrà ascoltare il Miserere solo dopo la funzione delle Ceneri.
Il Prof. Nando Tommasino nel suo saggio “Giovedì Santo” del 1943 scrive in proposito: Se vi è una tradizione alla quale il popolo è veramente attaccato, è proprio questa del “Miserere”, tradizionalmente nostro perché i giovani di oggi lo hanno appreso dai nostri padri, così come questi dai nostri nonni …. Il cantarlo era per tutti il più ambito privilegio: quelli che non ancora lo conoscevano, ma che avevano desiderio di impararlo, si ritiravano in una casa dove non potessero essere uditi o in qualche portone solitario ed oscuro per apprendere un po’ alla volta, con tenacia, con pazienza, con fede quasi, per raggiungere la mèta più sospirata.
Al di là, comunque, di tutte le predette considerazioni questo è un tempo di grande fermento nella nostra città in cui tutti (o quasi) avvertono che qualcosa sta per accadere.
Ed in fondo ciò che conta davvero è il modo in cui ci prepareremo a vivere quello che verrà dopo "l'attesa"...
Buona attesa a tutti !   

domenica 9 febbraio 2014

Il mitico trio del Miserere

E’ notte, fa freddo, le strade sono deserte e silenziose, la gente dorme … all’improvviso un suono lamentoso e straziante si leva con impeto da un portone … “Miserere mei deus … secundum magnam … misericordiam tuam…
Chi vive nel centro storico lo sa … durante la Quaresima il Miserere risuona nei vicoli come un vero e proprio sottofondo, il battito di un cuore che aumenta di ritmo venerdì dopo venerdì mentre la Pasqua si avvicina.
Come si può non restare affascinati di fronte a tutto questo, come non restare ammirati e rapiti dalle arcaiche sonorità di questa preghiera (salmo 50 di Davide), incorniciate dall’architettura di un centro storico dove il tempo sembra essersi fermato ?
Non sappiamo con certezza se nel passato fosse consuetudine cantare il Miserere nei vicoli del centro storico. Lo possiamo ipotizzare leggendo il saggio di Pasquale De Luca che narra le vicende di un trio del Miserere ante litteram …  Lo possiamo desumere dal fatto che in passato (metà-fine settecento) il Miserere veniva intonato durante le “quarant’ore di adorazione eucaristica” che si svolgevano nella chiesa di San Giovanni a villa ogni venerdì di marzo, con l’esposizione dei Misteri della Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ma una cosa è certa: questa pratica era certamente scomparsa all’inizio del 1900 e certamente non esistevano le cosiddette “cene del Miserere”, almeno come noi oggi le conosciamo, ovvero la tradizionale occasione di convito di tutti i cantori che poi riversano nel centro storico fino a notte inoltrata.
Possiamo, però, ricostruire ciò che accadde all’inizio degli anni 30, quando nascono "le cene del Miserere" e la tradizione si rinnova assumendo i connotati attuali.
In questo periodo un nuovo trio del Miserere muove i primi passi … o per meglio dire, intona le prime botte … Eugenio Polito (prima voce), Renato Cecere (seconda voce) e Pasquale Ago (terza voce). I tre giovani si accostano al canto con piglio diverso rispetto al passato e per questo ancora oggi li ricordiamo come il “mitico trio del Miserere”.
Eugenio Polito, classe 1910, era un giovane insegnante di scuola elementare; non era confratello, lo diventerà con votazione unanime nel 1938, era un cultore della musica ed ottimo pianista, ed infatti comporrà la marcia funebre “Cristo Miserere Mei”, da tutti conosciuta con il suo cognome, “Polito”.
Renato Cecere, classe 1908, di professione geometra, ma da tutti soprannominato “l’ingegnere”, confratello, figlio di fratello, nel 1935 verrà eletto priore e manterrà la carica fino al 1945 (in una fase travagliata della storia). Dotato di una forte personalità era tuttavia un uomo ironico e rispettato. Molti lo ricordano per la sua abitudine di salutare gli amici confratelli, in qualsiasi momento dell’anno, con la frase “meno … “ seguita dal numero di giorni che mancavano all’inizio della Quaresima 
Pasquale Ago, classe 1910, impiegato dell’ufficio delle Imposte Dirette, era figlio del confratello Vincenzo che era stato vice priore dal 1921 al 1927 e priore nel biennio 1928-29, cantore di Miserere e noto musicante (flicorno) che introdusse a Sessa Aurunca la famosa marcia funebre Lugete Veneres di P. Bennati. Dal carattere mite è stato segretario dell'Arciconfraternita dal 1936 al 1968 e corifero dell’Ufficio delle Tenebre, laddove eseguiva il canto della quarta lezione.
I presupposti c’erano tutti.
I tre, accomunati da una non comune amicizia, iniziarono a provare da adolescenti, ascoltando i cantori dell’epoca (il trio Pastore-Pastore- Amendola) ed in particolare apprendendo i segreti del canto seguendo i consigli tecnici di Vincenzo Ago (1880-1950) e di Edoardo Pastore, detto Mast’Eduà, noto sarto. Ma l’ingegnere Cecere, vera anima del trio, voleva di più … riportare il Miserere all’antica dignità.
A questo punto è d’obbligo aprire una parentesi. Nel tempo il Miserere aveva subito una inesorabile crisi. In passato esistevano diversi trii, uno per ogni Mistero. Infatti, fino al 1840 il Miserere costituiva l’unico accompagnamento musicale della processione (le marce funebri furono inserite proprio in quell’anno) ed i Misteri procedevano molto distanti fra loro (non come oggi) in una sorta di grande via crucis. Il trio più valido aveva l’onore di cantare davanti al Cristo Morto ed i cantori portavano la candela ed il libretto con il testo.
Nel tempo tutto questo cominciò a sparire e spesso a cantare erano persone che non appartenevano alla confraternita, la cui conoscenza del canto e del testo (il latino era conosciuto da pochi) erano molto discutibili.
I nostri tre giovani cantori, memori di questo glorioso passato, ma anche consapevoli della situazione presente, iniziarono a sperimentare alcuni cambiamenti volti ad armonizzare meglio le tre voci con una più chiara scansione del testo, ovviamente depurato da ogni italianizzazione. Ed il risultato fu così straordinario che, complice anche la loro appartenenza alla confraternita (mentre il trio precedente era costituito da non confratelli), nel 1935, poco più che ventenni, diventarono l’unico ed inconfondibile “Trio”.
 
La foto che vi proponiamo (proprietà famiglia Ago) li ritrae proprio durante quella processione del giovedì santo del 1935, vestiti con il sacco, con la candela accesa in una mano ed il libretto con le strofe nell’altra. La foto (una rarità per l’epoca) fu eseguita dinanzi al portone del Municipio, circondati da cittadini curiosi, mentre in alto a sinistra si nota il Palio che si staglia sulle luminarie accese (all’epoca si usava così). Questo vuol dire che cantavano davanti al Cristo Morto ... un vero e proprio ritorno al passato.
Canteranno insieme per circa trent’anni, fin quando, alla fine degli anni 50 il cantore Eugenio Polito, preoccupato dal calo della sua voce, per l’avanzare degli anni, deciderà di non cantare più. Gli altri due cantori continueranno a cantare con altre prime (anche se la differenza era evidente a tutti) fino al 1968, anno in cui morì improvvisamente, ed a soli 58 anni, la terza voce, Pasquale Ago. Si chiuse così, per sempre, una bella storia di amicizia e di confraternita; a raccogliere il testimone furono tre giovani confratelli, Antonio Aurola, Vincenzo Ago (figlio di Pasquale) ed Emilio Galletta, che ancora oggi costituiscono il trio anziano del Miserere.
Ma quel mitico trio resterà per sempre legato alla storia delle nostre tradizioni.
Non solo perchè riportarono il Miserere nella giusta dimensione, riattribuendo al canto la dignità che meritava ma anche perché ebbero il merito di dare avvio alle cosiddette “cene del Miserere”, in questo aiutati e sostenuti da altri confratelli come Ariosto Aurola (padre del cantore Antonio), Eduardo D’Ari, Luigi Izzo, Peppino Della Rosa, Fabio Rozzera, Raffaele Marchegiano ed altri.
Fu una scelta naturale, spontanea, dettata dall’esigenza di ritrovarsi con gli amici per rinsaldare i rapporti confraternali e di amicizia, per discutere dell’organizzazione della processione, prima di iniziare il consueto giro per le vie del centro storico.
All’ingegnere Cecere, in particolare, il merito di aver ispirato un menù appropriato, che ovviamente escludeva la carne, e di aver ideato alcune delle caratteristiche usanze che ancora oggi resistono immutate, anche se ammantate da velo di riservatezza.
Così tutto ebbe inizio e così - speriamo - tutto continuerà ad essere …ua

giovedì 22 agosto 2013

La processione della Madonna del Popolo e di San Leone IX

L’antica processione dei Santi Patroni (S. Leone IX e la Madonna del Popolo) della città di Sessa Aurunca (Ce), che da secoli si tiene nella mattina del Lunedì in Albis, ha subito nel tempo diversi cambiamenti che qui di seguito cercherò sinteticamente di ricordare a futura memoria.
Innanzitutto bisogna precisare che la presenza delle associazioni laicali e delle confraternite cittadine è figlia delle riforme introdotte dal Vescovo Mons. Costantini alla fine degli anni 60 poiché in precedenza le due statue procedevano con la sola presenza del clero.
La statua di San Leone IX, più piccola e preziosa di quella attuale (l'originale fu trafugata all’inizio degli anni 80), veniva portata a spalla da otto accollatori che indossavano mantelle prese in prestito dalla confraternita di San Biagio o di San Carlo Borromeo.
I portatori della Madonna, invece, indossavano lo stesso abito in uso oggi con l'aggiunta del cappuccio e dei guanti bianchi, in segno di rispetto alla Vergine (sarebbe auspicabile il recupero di questa usanza).
Davanti alla statua procedevano, divisi in doppia fila, i seminaristi ed il clero; proprio davanti alla Statua della Madonna, procedeva il Vescovo, con paramenti solenni, ed il Capitolo Cattedrale.
In mezzo alle due file del clero, miriadi di bambini (maschi e femmine) vestiti da angeli (ed arcangeli) con preziosi abiti turchini e dorati inondavano l’aria di odoroso incenso.
Ai due lati della Statua c’erano artistici fanali di legno indorato portati da giovani seminaristi.
Dietro alla Madonna c’era il palio ancora oggi in uso durante la processione del Corpus Domini (anche questa usanza dovrebbe essere recuperata).
Il percorso e la durata della processione non hanno subito particolari variazioni se non negli anni 50-60 del secolo scorso quando, in concomitanza con la realizzazione delle prime case popolari (nell'attuale viale Trieste), il corteo, giunto in prossimità di piazza Tiberio, deviava per via delle Terme e attraverso la strada esterna scendeva fino alla piazzetta di quello che un tempo era chiamato "rione semicerchio" per poi risalire attraverso la porta dei Cappuccini ed il Corso.
La processione, però, effettuava una sosta dinanzi alla Chiesa di S. Anna, luogo dove fu rinvenuto il quadro della nostra Patrona. Qui le suore del omonimo convento (finché hanno operato) offrivano a tutti i partecipanti una pagnottella di pane bianco benedetta che sarebbe stata consumata di lì a poco durante il pranzo della festa che seguiva la processione.
La banda musicale ha fatto il suo ingresso nel corteo solo nella seconda parte dell’ottocento. In precedenza il sottofondo musicale era garantito dalla presenza di cori di voci bianche che intonavano l’Ave Mari Stella, canto ancora oggi molto amato dai sessani ed associato proprio al culto per la nostra Avvocata.
Sui davanzali dei balconi si stendevano le coperte “buone” e si lanciavano petali di rosa al passaggio della Madonna.
Ingente (e superiore ad oggi) era la partecipazione della popolazione non solo di quella residente in Sessa ma anche proveniente dalle frazioni e dai casali limitrofi visto che la Madonna del Popolo è anche Patrona della Diocesi.

L'incontro tra San Carlo e l'Addolorata

Uno dei momenti più toccanti della Settimana Santa a Sessa Aurunca (Ce) è l’incontro tra i gruppi statuari della Deposizione (popolarmente definito il Mistero di San Carlo in onore della confraternita omonima che lo custodisce) e dell’Addolorata (custodito dall'Arciconfraternita del SS. Rifugio) che avviene all’inizio della processione del Sabato Santo mattina all’incrocio fra via Mozart e Corso Lucilio. Mentre il Mistero di San Carlo procede da via Mozart verso il Corso Lucilio, l’Addolorata sta già scendendo attraverso il Corso e sulle struggenti note di “Una lacrima sulla tomba di mia madre” del maestro A. Vella, le due statue s'incontrano, muovendo l’una verso l’altra fin quasi a toccarsi per poi iniziare il percorso congiunto attraverso il centro storico della città. Ma quando nasce questa usanza ?
Partiamo da due importanti premesse:
1-) fino al 1957 la processione del Sabato Santo si svolgeva nella mattina del Venerdì Santo (e quella dei Misteri nella sera del Giovedì Santo).
2-) fino al 1967 i due cortei di San Carlo e dell’Addolorata procedevano separati ed il loro incontro era visto come foriero di sventure (a Sessa si diceva "se s'incontrano S. Carlo e l'Addolorata viene la fine del mondo"). Infatti, le due processioni ebbero origine in momenti diversi e le due confraternite si contendevano il diritto di precedenza.
Nel 1968 l’Ordinario Diocesano pro tempore, Mons. Vittorio Maria Costantini, decise di unire i due cortei dando vita alla processione che oggi conosciamo ed amiamo.
Forte fu lo stupore nella popolazione quando nel 1968, per la prima volta nella storia, i due cortei si incontrarono proprio all’altezza dell’incrocio di quella che all’epoca si chiamava Via Roma. E non venne la fine del mondo ...
I primi episodi di “saluto” da parte del Mistero di San Carlo verso l’Addolorata iniziarono solo più tardi e cioè verso la fine degli anni 70. Inizialmente si trattava più che altro di un gesto di rispetto reciproco fra le due confraternite destinato a limare secoli di incomprensioni e contrasti. Basta guardare, infatti, un VHS degli anni 80, oppure dell’inizio degli anni 90, per verificare che il Mistero di San Carlo veniva girato solo per ¼ verso la Madonna Addolorata (che si trovava ben distante) per poi girare subito verso il Corso iniziando la discesa verso la porta dei Cappuccini. Anche la marcia di sottofondo non era “Vella” ma “Schianto” del Maestro Lombardo.
Verso la fine degli anni 90 le amministrazioni delle due confraternite, consapevoli della bellezza di questo momento, molto partecipato dal popolo (nonostante l’orario e la stanchezza accumulata durante la processione della sera precedente) decisero di intensificare il pathos del saluto fino a trasformarlo in quello che oggi viene giustamente definito “incontro”. Così nel decennio scorso l’incontro assunse le fattezze attuali ed ovviamente come sottofondo non poteva che essere scelta la marcia “Vella”, la più amata dai Sessani e che meglio si concilia con la “cunnulella” che rende davvero speciale ed emozionante questo momento.
E’ davvero singolare pensare che fino a qualche decennio fa l’incontro tra le due statue era visto con terrore dalla popolazione (anche a causa degli scontri, spesso anche fisici, del passato) mentre oggi rappresenta uno dei momenti più sentiti e partecipati della Settimana Santa suessana.
Ciò dimostra che la tradizione nel tempo può anche mutare purchè ciò avvenga con moderazione e mirando sempre al miglioramento nel rispetto dei principi religiosi che devono informare queste sacre rappresentazioni.

giovedì 10 gennaio 2013

Tempo di Settuagesima o Tempo di Carnevale

Nella Chiesa Cattolica il Tempo di Settuagesima (così è chiamato nel Messale di Giovanni XIII) o Tempo di Carnevale è un tempo liturgico penitenziale previsto dal calendario della forma straordinaria del rito romano. Costituisce una preparazione alla Quaresima; in questo tempo si iniziava l’astinenza dalle carni nei giorni feriali. Ha una durata di due settimane e mezzo, e comprende le seguenti domeniche, note anche con la prima parola latino del salmo dell'introito:
  • Domenica di Settuagesima "Circumdederunt" (Circumdederunt me gemitus mortis)
  • Sessagesima "Exsurge" (Exsurge, quare obdormis, Domine)
  • Quinquagesima "Estomihi" (Esto mihi in Deum protectorem, et in locum refugii, ut salvum me facias)
e termina con il Martedì grasso, cioè il giorno prima del Mercoledì delle Ceneri. Il colore liturgico  di questo tempo liturgico è il violaceo. L'altare è spogliato dai fiori e non si canta la dossologia maggiore domenicale (Gloria), né l’Alleluia come acclamazione al Vangelo, che è sostituito dal tratto, tipico dei tempi penitenziali. Nella forma ordinaria del rito romano il tempo di Carnevale ha lasciato il posto al tempo ordinario.

I tentativi di prolungare la Quaresima, che in origine durava sei settimane per portare i giorni di digiuno effettivo a quaranta, ebbero inizio nella seconda metà del V secolo. In due distinti sermoni di san Massimo di Torino troviamo prima rigettata (451) e poi approvata (465) l'usanza di anticipare la Quaresima di una settimana, che in quell'epoca si stava diffondendo. Questo perché l'uso orientale considerava festivi ed esenti dal digiuno quaresimale il sabato e la domenica, quindi per compiere la sacra quarantena digiunale nella settimana di settuagesima si eliminava l'uso di carne, in quella di sessagesima l'uso di latticini nel lunedì di quinquagesima iniziava il digiuno quaresimale vero e proprio. Nel VI secolo san Cesario di Arles prescrive alle vergini di iniziare il digiuno una settimana prima dell'inizio della Quaresima, segnando l'inizio della Quinquagesima. Tuttavia alcuni concili francesi dell'inizio del VI secolo condannano ancora la pratica della Quinquagesima, per salvaguardare l'unità dei costumi. Nel 542 san Cesario prescrive ai monaci l'anticipo del digiuno a partire da due domeniche prima dell'inizio della Quaresima. Solo verso la fine del VI secolo o verso il principio del VII si parla a Roma di Sessagesima e Settuagesima, citata questa per la prima volta nelle omelie di san Gregorio Magno. Queste usanze da Roma si diffusero dapprima nell'Italia settentrionale e poi in tutta Europa. In Inghilterra giunsero alla fine del VII secolo, in Irlanda dopo il IX secolo. Pare che inizialmente la prima settimana di Settuagesima non fosse un periodo di digiuno, che era limitato alle altre due settimane e si estese alla prima solo nel IX secolo. Sempre all'inizio del IX secolo è attestata la prima differenziazione liturgica, con la sospensione del Gloria e dell'Alleluia. Secondo alcuni fu papa Gregorio VII nella prima metà dell'XI secolo a sancire universalmente quest'uso liturgico.
Di seguito riportiamo, a puro titolo informativo, le date del Tempo di Settuagesima per l'anno in corso:
Settuagesima: 27 gennaio 2013
Sessuagesima: 3 febbraio 2013
Giovedì grasso: 7 febbraio 2013
Quinquagesima: 10 febbraio 2013
Martedì grasso: 12 febbraio 2013

(fonte wikipedia)

giovedì 3 gennaio 2013

Meno 40 !

La Quaresima si avvicina, mancano ormai solo 40 giorni al Mercoledì delle Ceneri, 13 febbraio 2013, giorno che segna l'inizio di questo periodo a noi Sessani tanto caro; un'attesa, quella del 2013, tra le più brevi degli ultimi anni (già in passato su questo blog è stato affrontato l'argomento).

I confratelli più anziani indicavano con il termine "attesa" il periodo che intercorreva tra una Pasqua ed il Mercoledì delle Ceneri dell'anno successivo.
A molti potrà sembrare assurdo ... pensare che ci sono persone che fanno il conto alla rovescia già dalla fine della processione del Sabato Santo ... ma è così ... e sono anche tanti a farlo, come testimoniano i tanti gruppi presenti su internet e su facebook !

Il compianto Geom. Renato Cecere (per tutti l'ingegnere), confratello del SS. Crocifisso e seconda voce storica del Miserere, durante l'anno salutava gli amici con "meno .....". E questo in qualsiasi periodo e circostanza ! 

La maggior parte dei Sessani definisce "l'attesa" come il periodo che va dall'Epifania (che segna la fine delle festività natalizie) all'inizio della Quaresima. In questo senso il 2013 ci riserverà un'attesa breve di soli 37 gg.

Tuttavia, l'attesa è quella che separa la Pasqua dell'anno precedente dall'inizio della Quaresima dell'anno successivo.

Per distinguerle chiameremo quest'ultima ... "attesa annuale".

La durata delle due "attese" non sempre coincide poichè può anche esserci un'attesa annuale breve cui però non corrisponde un'attesa dall'Epifania altrettanto breve (come avviene quest'anno).

Alcune persone ... a 40 giorni dall'inizio della Quaresima si scambiano un saluto augurale poichè per loro ha inizio un periodo di preparazione (azzardando potremmo quasi definirla una "Quaresima della Quaresima"...) e proprio per questo la nota viene pubblicata proprio oggi ... a - 40 dalle Ceneri.

Ma vediamo nel dettaglio quali sono state le attese più brevi degli ultimi anni e cosa accadrà nei prossimi due.

Partiamo dal calcolo "dell'attesa annuale" ovvero del periodo che intercorre tra una Pasqua ed il Mercoledì delle Ceneri dell'anno successivo. Nel 2008 la Pasqua, che cadeva il 23 marzo, fu la più bassa degli ultimi 60 anni (e lo sarà anche dei prossimi 50). In quel caso l'attesa annuale fu brevissima (304 gg.) e così pure l'attesa fra l'inizio della Quaresima, che cadeva il 6 febbraio, e l'Epifania, in tutto solo 30 giorni.

Quest'anno avremo un'attesa annuale breve (310 gg.) poichè la Pasqua 2013, che cadrà il 31 Marzo, seguirà un'altra Pasqua bassa, quella del 2012 che cadde l'8 aprile. Altrettanto breve sarà, come detto, l'attesa fra l'Epifania e l'inizio della Quaresima, pari a soli 37 gg.
Ma passiamo ai calcoli (in parentesi la data della Pasqua). Iniziamo dal calcolo dell'attesa tra una Pasqua e la Quaresima successiva:


Anno 2008 - (23 Marzo) 304 giorni


Anno 2009 - (12 Aprile) 339 giorni


Anno 2010 - (4 Aprile) 311 giorni


Anno 2011 - (24 Aprile) 339 giorni


Anno 2012 - (8 Aprile) 305 giorni


Anno 2013 - (31 Marzo) 310 giorni


Anno 2014 - (20 Aprile) 339 giorni


Passiamo ora al calcolo dell'attesa tra l'Epifania ed il Mercoledì delle Ceneri (in parentesi la data del Mercoledì delle Ceneri)


Anno 2008 - ( 6 Febbraio) 30 giorni


Anno 2009 - (25 Febbraio) 49 giorni


Anno 2010 - (17 Febbraio) 41 giorni


Anno 2011 - ( 9 Marzo) 61 giorni


Anno 2012 - (22 Febbraio) 46 giorni


Anno 2013 - (13 Febbraio) 37 giorni


Anno 2014 - ( 5 Marzo) 57 giorni.

Oggi, 3 gennaio, con le feste natalizie che volgono al termine (ma che ancora non sono terminate), molti sessani già avvertono qualcosa di diverso nell'aria, una sensazione di trepidante attesa che monterà sempre di più, giorno dopo giorno ... specie dopo l'Epifania ... Come abbiamo visto, a volte questa attesa è breve (come quest'anno), altre volte lo è meno...

Ad alcuni piace la Pasqua alta, ad altri quella bassa, ma in fondo ciò che conta davvero è il modo in cui ci prepareremo a vivere quello che verrà dopo "l'attesa"...
Buona attesa a tutti !

lunedì 17 settembre 2012

La processione dell'Addolorata dell'Annunziata

Ieri sera, domenica 16 settembre 2012, si è svolta a Sessa Aurunca (Ce) la tradizionale processione del quadro della Pietà, conservato nella Chiesa dell’Annunziata. Una processione a cui la popolazione (specie quella più anziana) è molto legata, che si svolge ogni sette anni in occasione della festività dell’Addolorata che ricade il 15 settembre. La processione, è iniziata alle ore 19 ed è terminata alle ore 20:45, dopo aver attraversato quasi tutto il centro storico percorrendo nell’ordine: via Giovanni Bruno, via Ospedale (fino alla piazzetta delle case popolari), di nuovo via Giovanni Bruno, piazza XX Settembre, Corso Umberto I°, Corso Lucilio (fino all’arco dei Cappuccini), via Paolini, piazza Duomo, via Garibaldi e di nuovo corso Umberto I° e piazza XX Settembre. L’accompagnamento musicale è stato curato dal Concerto Bandistico Città di Sessa Aurunca diretto dal M° Prof. Benedetto Zonfrillo.
Molti concittadini, soprattutto i più giovani, non conoscono le origini di questa antica processione che si svolge ogni sette anni da almeno due secoli e mezzo. Per questo motivo abbiamo ritenuto utile dedicare questa nota a quella che è probabilmente la meno conosciuta di tutte le antiche tradizioni suessane. Iniziamo dall'esame del quadro e dalla sua storia.
Trattasi di un olio su tavola del XV secolo, di autore anonimo, che raffigura il corpo di Cristo morto disteso tra le braccia della Madre, dal volto dolente, che con una mano gli sorregge il capo e con l’altra tiene il braccio sinistro. Dietro la scena si distende un ampio paesaggio collinare. Esso proviene dalla diruta chiesa di S. Biagio (le cui rovine sono ancora oggi visibili in piazza Giovanni Bruno) e, in particolare, dalla cappella della famiglia Mennillo. Nella seconda metà del 1700 fu trasferita nell’Oratorio dell’Annunziata, restaurato dai Sessani nel 1817. Posto a destra del presbiterio, l’oratorio presenta una volta a padiglione, decorata a rosoni e cornici mistilinee. Due finestre strombate si aprono sulla parete destra, mentre sull’altare, in marmi policromi, si trova la cona marmorea con il dipinto della Pietà. L’opera non è priva di suggestioni: ne è prova il volto della Vergine, scavato dal dolore, che si contrappone a quello livido del Figlio morto. Il Prof. M. Villucci prendendo spunto dal gusto popolaresco ed espressivo che promana dall’opera, con aperture culturali in direzione della Catalogna e delle Marche, la pone in stretto rapporto iconografico con ambedue le Pietà di Roberto d’Oderisio, l’una nella Chiesa della Pietatella alla Carbonara di Napoli e l’altra nel Museo Pepoli di Trapani e l'apparenta, altresì, con la Pietà della Chiesa dell’Annunziata di Maddaloni, attribuita al primo decennio del XV secolo.
Il dipinto è stato restaurato due volte nel secolo scorso. La prima volta nel 1950, con un intervento particolarmente infelice, e la seconda volta nel 1986, con un restauro accurato eseguito dal Dr. Giuseppe Maietta di Marcianise.
Il quadro, ogni anno, nel mese di settembre, viene esposto alla pubblica devozione sull’altare maggiore della Chiesa dell’Annunziata in occasione del novenario che culmina con la celebrazione del 15 settembre. Inoltre, ogni sette anni, il dipinto, inserito in una preziosa macchina processionale in ottone ed argento (che ricorda nelle fattezze quella della Madonna del Popolo, anche se di dimensioni inferiori) montata su una base di legno indorato, viene portato a spalla (da 6 persone) attraverso le principali vie della città. Da alcuni anni ad occuparsi dell’organizzazione della processione e del trasporto del quadro è l’arciconfraternita di S. Biagio, proprietaria del dipinto che, come detto, era conservato proprio nella chiesa intitolata al Vescovo di Sebaste di proprietà del sodalizio.
Ma quando ha origine questa processione ?
Secondo la tradizione, in seguito ad un nubifragio ed ad una grandine copiosissima caduta nella notte del 21 novembre 1763 mons. Granata (Vescovo pro tempore) impose che dalla Chiesa di S. Biagio partisse una processione penitenziale con l’immagine dell’Addolorata, evidentemente già fonte di particolare devozione popolare. L’immagine rimase esposta per otto giorni nella Cattedrale dove fu oggetto di venerazione da numerosissimi fedeli venuti, anche dal circondario, per scongiurare la protezione contro le calamità in corso. E la Vergine Addolorata accolse le suppliche del suo popolo per cui l’immagine fu riportata nella chiesa di San Biagio con una processione festosa. Tuttavia a causa del notevole culto popolare che si sviluppava giornalmente, con una ressa di fedeli che giungevano da tutti i casali, e per la ristrettezza della Chiesa, si decise di edificare un altare dedicato all’Addolorata nella più capiente e vicina chiesa dell’Annunziata dove l'immagine fu traslata. Inoltre, dal 1763 il Vescovo Granata stabilì che ogni sette anni avesse luogo la processione dell'immagine miracolosa per le vie della città in occasione della festività dell’Addolorata (per l’appunto il 15 settembre). E da allora, ogni sette anni, si svolge questa antica processione.
Nel passato, in occasione della processione settennale, si organizzavano grandiosi festeggiamenti popolari, spesso superiori per sfarzo alla stessa festa della Titolare, la Madonna del Popolo. Negli ultimi decenni, però, la festa popolare ha lasciato spazio alle cerimonie religiose e ciò ha consentito il recupero del significato puramente religioso, e quasi penitenziale, di questa processione che si svolge in un clima sobrio ed appropriato.
Appuntamento al 15 settembre 2019 !

Bibliografia essenziale:
  1. Il Mensile Suessano n. 64 - Rassegna stampa "Sono 500 anni che il popolo sessano venera l'Addolorata" (1988)
  2. Sessa Aurunca. Un itinerario storico - artistico. M. Villucci - A.M. Romano (1998).
  3. Frati e fabbriche. I Conventi maschili di Sessa Aurunca. G. Di Marco - G. Parolino (2000).