La Quaresima
si avvicina, mancano ormai solo 15 giorni al Mercoledì delle Ceneri, 14
febbraio 2018, giorno che segna l'inizio di questo periodo a noi Sessani tanto
caro; un'attesa tra le più brevi degli ultimi anni (rimandiamo in proposito ad
altri articoli già pubblicati in passato su questo blog).
La maggior
parte dei Sessani appella con il termine “attesa" questo lasso
temporale che intercorre tra l'Epifania (che segna la fine delle festività
natalizie) e l'inizio della Quaresima (quest'anno soli 39 gg.).
Ma come ci si
prepara all’inizio della Quaresima ?
Per rispondere
a questa domanda occorre fare delle distinzioni.
Iniziamo dalla
liturgia.
Nella Chiesa
Cattolica un tempo esisteva il Tempo
di Settuagesima (così è chiamato
nel Messale di Giovanni XIII) o Tempo
di Carnevale, un tempo
liturgico penitenziale previsto dal calendario della forma straordinaria del
rito romano. Costituiva una preparazione alla Quaresima; in questo tempo si
iniziava l’astinenza dalle carni nei giorni feriali. Con una durata di due
settimane e mezzo, comprendeva le seguenti domeniche, note anche con la prima
parola latino del salmo dell'introito:
- Domenica di Settuagesima "Circumdederunt" (Circumdederunt me gemitus mortis)
- Domenica di Sessagesima "Exsurge" (Exsurge, quare obdormis, Domine)
- Domenica di Quinquagesima "Esto mihi" (Esto mihi in Deum protectorem, et in locum refugii, ut salvum me facias)
Terminava con
il Martedì grasso, cioè il giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri. Il
colore liturgico di questo tempo era il violaceo. L'altare veniva spogliato dai
fiori e non si cantava la dossologia maggiore domenicale (Gloria), né
l’Alleluia come acclamazione al Vangelo, sostituita dal tratto, tipico dei
tempi penitenziali.
Anticamente
nelle Chiese Suessane si celebrava il “Carnevale delle Ceneri”, ovvero un
triduo di preparazione alla Quaresima nella domenica di Quinquagesima e nei due
giorni successivi (lunedì e martedì grasso). Tale usanza è attestata
nell’Archivio Storico dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso che faceva
celebrare il Triduo, oltre che nella Chiesa di San Giovanni a villa (nella
domenica di quinquagesima), nelle Chiese di San Francesco (annessa al Convento
dei Francescani Osservanti) e nell’eremo di Santo Spirito (ancora esistente
lungo la via antica che conduceva alla frazione di Marzuli).
Sempre
analizzando i registri di cassa dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso
(1769-1798) si apprende che nei giorni del Carnevale la chiesa di San Giovanni
a villa veniva preparata con grande cura. I finestroni venivano oscurati con
panni neri mentre l’altare, la balaustra in marmo e le portelle di ottone
venivano accuratamente ripuliti da esperti maestri marmorari. Sull’altare
maggiore (diverso da quello attuale) veniva montato un “tosello”, ovvero una
grande macchina di legno e stoffe per l’esposizione del Santissimo Sacramento
(durante le cd. “Quarantore”). I Misteri venivano ripuliti e, se necessario,
accomodati da falegnami e facchini. E grande cura si riponeva nell’addobbo
della Chiesa, nell’acquisto delle cere (per la Settimana Santa si acquistava
cera pregiata) e nella preparazione dei paramenti sacri. E proprio per questo
motivo la seconda e la terza Messa del triduo delle Ceneri venivano celebrate
in altre Chiese, poiché la Chiesa di San Giovanni restava chiusa due giorni per
questi “lavori preparatori”.
Nella forma
ordinaria del rito romano il tempo di Carnevale ha lasciato il posto al tempo
ordinario, non esiste più il Triduo di Carnevale e le Chiese non subiscono più
le trasformazioni di un tempo. I fedeli si preparano a questo periodo forte del
calendario liturgico in modo riservato e personale.
Veniamo ora ad
un altro aspetto importante: la preparazione della “Quaresima”.
Per
“Quaresima” si intende una statuina (di forma e dimensione variabile) che
raffigura una vecchina “longa e teseca” (alta e magra), vestita di nero, con il
fazzoletto nero sulla testa e con in mano la “conocchia” (è uno strumento che
in coppia con il fuso serve a filare) e la “ramazza” (scopa), simboli del
lavoro domestico di un tempo. Dall’orlo della gonna (che un tempo scendeva a
campana, come era di moda) penderanno i cibi magri tipici della Quaresima: la
“scella di baccalà”, il vino, le “pacche secche”, le arringhe salate ecc. Al
centro verrà sospesa un’arancia, frutto del periodo, in cui saranno infisse
sette piume, simbolo delle sette settimane del periodo quaresimale, sei di
colore scuro ed una bianca. Le piume saranno via via tolte, ogni domenica
lasciando quella bianca per ultima. La Quaresima sarà “appesa” al davanzale di
un balcone o all’interno di
un portone e dopo averla esposta il più piccolo componente della famiglia
ripeterà tre volte la filastrocca “Coaéresema secca
secca, che se mangia pacche secche, i’ ricietti: rammene una … me schiaffai ‘nu
cincofrunni ! I’ ricietti: rammene nata … Me schiaffai ‘na zucculata”. Un tempo la “Quaresima” veniva fatta saltare per aria, con
uno scherzo pirotecnico, nel giorno di Pasqua e sostituita con un’altra bambola
paffuta e carica di uova e dolci. Pertanto, le settimane che precedevano
l’inizio del periodo quaresimale servivano a prepararne una “nuova” utilizzando
materiali di scarto o comunque di poco valore. Oggi, invece, i fortunati
possessori della “Quaresima” la preparano per l’esposizione negli ultimi
giorni, visto che non viene più distrutta.
Come si preparano, invece, i cantori (o aspiranti cantori)
del Miserere ?
Il canto del
Miserere è il sottofondo del periodo Quaresimale. Le arcaiche note del
Salmo 50 di Davide risuoneranno nella chiesa di San Giovanni a villa nelle
celebrazioni dei “venerdì di marzo” e lungo le strade del centro storico
di Sessa nelle notti del Mercoledì delle Ceneri e di tutti i venerdì
quaresimali e della Settimana Santa.
I cantori del
Miserere, ed in particolare gli aspiranti cantori, approfittano delle settimane
che precedono la Quaresima per provare, amalgamarsi, allenare le voci. Per
farlo si ritrovano in una casa isolata oppure in luogo dove nessuno potrà
udirli perché il Popolo dovrà ascoltare il Miserere solo dopo la funzione delle
Ceneri.
Il Prof. Nando
Tommasino nel suo saggio “Giovedì Santo” del 1943 scrive in proposito: Se vi è una
tradizione alla quale il popolo è veramente attaccato, è proprio questa del
“Miserere”, tradizionalmente nostro perché i giovani di oggi lo hanno appreso
dai nostri padri, così come questi dai nostri nonni …. Il cantarlo era per
tutti il più ambito privilegio: quelli che non ancora lo conoscevano, ma che
avevano desiderio di impararlo, si ritiravano in una casa dove non potessero
essere uditi o in qualche portone solitario ed oscuro per apprendere un po’
alla volta, con tenacia, con pazienza, con fede quasi, per raggiungere la mèta
più sospirata.
Al di là,
comunque, di tutte le predette considerazioni questo è un tempo di grande
fermento nella nostra città in cui tutti (o quasi) avvertono che qualcosa sta
per accadere.
Ed in fondo
ciò che conta davvero è il modo in cui ci prepareremo a vivere quello che verrà
dopo "l'attesa"...
Buona attesa a
tutti !