venerdì 10 febbraio 2012

La Confraternita di S. Maria della Misericordia


Nell’antica chiesa di San Giovanni “ad plateam” (a piazza), lungo Corso Lucilio, fu eretta la confraternita di S. Maria della Misericordia (detta popolarmente della “Misericordia”). I primi segni della sua esistenza si rinvengono già nel 1527 ma il sodalizio ottenne il riconoscimento canonico solo il 18 aprile del 1536 con bolla dell’arcivescovo metropolita di Napoli e, successivamente, l’inquadramento giuridico ottenendo il Regio Assenso il 27 settembre 1765 con decreto emesso dal comitato di reggenza, stante la minore età di Ferdinando IV. La vita della congregazione era regolata da un complesso statuto composto di 121 regole, anch’esse approvate nel 1765. La confraternita eleggeva l’Amministrazione (Priore e due assistenti), ogni anno, il 29 aprile (giorno in cui si festeggiava S. Leone IX, protettore della Città), e celebrava solennemente la festa della congregazione il giorno di Pentecoste, portando in processione la seicentesca statua della Madonna della Misericordia, ancora oggi esistente e conservata in una nicchia posta sull’altare laterale sinistro della Chiesa (la statua, un tempo ammirata per la sua bellezza, è stata sottoposta a svariati e discutibili interventi di restauro nel secolo scorso). Questa processione veniva popolarmente chiamata la "processione delle rose" perchè al passaggio della Madonna si lanciavano dai balconi petali di rosa.
L’ente era impegnato in una fervente opera caritativa ed assistenziale ma data la scarsità di rendite i confratelli erano obbligati a turno a questuare il Giovedì in Sessa mentre gli amministratori questuavano per le campagne durante i raccolti. Con i fondi ottenuti, oltre a sostenere le attività di culto, la congregazione stanziava annualmente una somma di dodici ducati per una giovane, figlia o sorella di Confratello, che si maritasse o si facesse monaca di clausura. Per regolare le attività di culto, i Confratelli stipularono una convenzione nel 1763 con l’allora Vescovo Mons. Granata (ancora conservata presso l’Archivio Diocesano), in cui si stabilivano i giorni del mese nei quali i confratelli potevano officiare senza disturbare le cerimonie parrocchiali e lo stipendio che doveva essere versato al Parroco, che era anche il Cappellano della Confraternita. Questo sodalizio seppe mantenere il passo, per oltre due secoli, con le altre confraternite sessane ed occupò un posto non secondario tra le istituzioni che hanno contribuito a rafforzare i sentimenti religiosi e morali dei cittadini. La nota de’ luoghi pii laicali e misti ….. della Metropolia Napoletana, compilata nel 1788, l’assoggettava ad una contribuzione annua, a favore dell’arcivescovo metropolita, di ducati 4,50. Un importo piuttosto elevato che induce a considerare questa congrega tra le prime per importanza e frequenza di cerimonie liturgiche. Svolgeva la sua processione penitenziale durante la Settimana Santa nella pomeriggio del Mercoledì Santo. Infatti, nel carteggio, reso greve dal peso di ricorsi, controricorsi e decreti, accumulatisi negli anni intorno al 1770, per stabilire i diritti di precedenza durante le processioni, Ferdinando IV ordinò che essa doveva occupare l’ultimo posto (essendo la seconda per fondazione dopo l'Arciconfraternita di S. Biagio, che aveva l'onore di aprire la Settimana Santa). A partire dalla seconda metà dell’Ottocento ebbe inizio un lungo ed inesorabile periodo di decadenza. Difatti, nell’inventario prefettizio del 1873, le sue rendite s’erano ridotte a sole £ 142,96. F. Sacco afferma che la confraternita era estinta già nel 1898; al contrario continuò faticosamente ad esistere fino agli anni 50-60 del novecento. L’ultima processione di cui si abbia memoria risale al 1951, anno in cui Sessa fu colpita da un grave terremoto che indusse le confraternite della città a dar vita a processioni penitenziali straordinarie. Gli ultimi confratelli stabilirono la loro sede nella Sartoria “Aulicino” sita in via Garibaldi (oggi non più esistente), fino alla fine degli anni sessanta quando il sodalizio, nell’indifferenza generale, cessò di esistere. I confratelli indossavano una mozzetta di color rosso "cremisi", più vicino ad un rosa scuro (molto simile al colore che hanno le "attuali" mozzette dell'Arciconfraternita di S. Biagio), saio e cappuccio bianchi ed un cordone dello stesso colore della mozzetta. Caratteristico era lo stendardo sulla cui sommità veniva montato un mazzetto di rose dello stesso colore delle mantelle dei confratelli. Nella Chiesa di S. Giovanni a piazza si possono ancora ammirare i segni di questa congregazione. In particolare, sul soffitto della Chiesa è ancora perfettamente conservato un dipinto di forma circolare che riproduce la Vergine Maria con in braccio il Bambino mentre accarezza due incappucciati della confraternita. Anche sulla facciata della Chiesa è ben visibile un bassorilievo con il simbolo della congregazione, sebbene il colore sia ormai quasi del tutto illegibile. Di recente, sono stati ritrovati la preziosa coltre funeraria (con ricami in filo d'oro), lo stendardo, la Croce penitenziale ed alcuni abiti che, grazie all'intervento di benemeriti concittadini, sono stati restaurati ed esposti alla cittadinanza a testimonianza della presenza di questo sodalizio nella storia della nostra città (le foto esposte sono di Giampaolo Soligo). La lunga storia di questo sodalizio termina, anche legalmente, il 6 dicembre 2010 allorquando è stata dichiarata la sua estinzione con decreto del Ministero dell'Interno pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 27 del 3 febbraio 2011. Chissà ... forse un giorno qualcuno deciderà di rifondare questa congregazione ereditando un importante lascito storico, culturale e religioso che non doveva andare perduto.

domenica 5 febbraio 2012

L'antica processione del Mistero di San Carlo

In questa fredda, freddissima domenica invernale di inizio febbraio, proponiamo un altro cimelio storico di grandissima importanza nell’intento di scaldare gli animi di tutti gli appassionati delle nostre antiche tradizioni … Dopo aver esaminato in sequenza una foto della processione dell’Addolorata ed una dei Misteri del SS. Crocifisso, dedichiamo uno spazio alla processione del Mistero della Deposizione (S. Carlo).
L’immagine che pubblichiamo è dello stesso anno di quella dell’Addolorata pubblicata alcuni giorni fa, risalente, dunque, al Venerdì Santo 8/04/1898 e ritraente il Mistero della Deposizione che scende lungo Corso Lucilio nei pressi di quello che un tempo era l’ufficio dei “Regi Telegrafi” (di lì trasferito nel 1902), oggi sede di un negozio di abbigliamento (di proprietà del Sig. Pierluigi Marchegiano). La fotografia è in ottime condizioni, molto nitida e ricca di dettagli (in condizioni migliori rispetto all’altra) alcuni dei quali davvero interessanti.
Iniziamo dal contesto. La fotografia è stata scattata nel bel mezzo di una giornata serena (a guardare il cielo) e l’illuminazione è intensa non generando ombre sulla facciata delle abitazioni (come nella fotografia dell’Addolorata), ma solo sotto il berretto del Carabiniere e la bombetta del signore visibile sul lato sinistro (questo vuol dire che il Sole era ben alto nel cielo). Anche gli occhi corrucciati dei portatori, tipici di uno sguardo disturbato dal Sole “negli occhi”, confermano che la foto è stata eseguita con il Sole alle spalle del fotografo (come d'altronde era necessario fare per non saturare le prime delicate pellicole dell'epoca), in un orario compreso tra le 12:30 e le 13:30, in linea con gli orari tipici di questa processione che - lo ricordiamo (confronta altro articolo) - procedeva separata da quella dell’Addolorata (onde evitare spiacevoli incontri), precedendola e concludendosi tra le 14 e le 15.
Il primo è più rilevante elemento della fotografia sono i due angioletti “maschi” visibili proprio in primo piano, davanti alla statua. Oggi siamo abituati a vedere solo le “bambine” vestite da “angioletti” e spesso in un’età così precoce da costituire un ostacolo alla stessa processione (poichè non sono in grado di camminare da sole). In passato, invece, gli angioletti erano bambini “maschi” di età compresa fra i 3 ed 8 anni in grado di camminare da soli. I due bambini non vestono l’abito tradizionale a cui oggi siamo abituati (di colore nero ed argento) ma uno sfarzoso abito bianco e celeste, con fibie ed inserti dorati ed elmetti con riccioli d’oro e artificiosi pennacchi e piumaggi. Inoltre, uno dei due (quello di sinistra) impugna con la mano destra quella che sembra una piccola spada mentre l’altro (quello a destra) regge una catenella, quasi sicuramente un incensiere. Più che di abiti possiamo parlare di vere e proprie riproduzioni delle armature con cui veniva tradizionalmente rappresentato l’Arcangelo S. Michele nell’iconografia classica (confronta l’immagine). Abiti sfarzosi, sicuramente molto costosi e difficili da confezionare, appannaggio dei piccoli rampolli delle famiglie più ricche e benestanti. Questi stessi abiti venivamo poi riutilizzati durante la processione della Madonna del Popolo del Lunedì in Albis poichè la presenza di questi piccoli bambini dall’aspetto puro ma nel contempo minaccioso, come tutti gli arcangeli, esercitava un’importante funzione esorcizzante sul popolo. In una futura nota, in cui pubblicheremo altre foto che mostrano angioletti simili in altre processioni degli anni 20, spiegheremo in dettaglio l’origine di questa tradizionale usanza, la sua evoluzione nel corso del tempo ed il motivo per cui la presenza dei maschietti non deve stupire.
Nell’immagine si notano almeno sei piccoli confratelli (uno di questi porta in mano una grossa candela spenta), quattro dei quali sotto la base della statua. La presenza di così tanti bambini (evidentemente richiamati dalla novità della fotografia) testimonia, ancora una volta, l’attaccamento delle nuove generazioni verso le nostre antiche tradizioni. Purtroppo, non ci è possibile individuare nessuna di queste persone, la più giovane delle quali è sicuramente deceduta già da molto tempo.
Ad una prima occhiata risalta l’assenza del pallio; tuttavia esaminando la foto con maggiore attenzione si può intravedere che il pallio è presente ma nascosto dietro la statua (osservate con attenzione il piccolo riquadro vicino alla mano abbassata di Gesù e vedrete il pomo di una delle aste).
Anche in questa fotografia fanno bella mostra di sé due carabinieri in alta uniforme, uno dei quali è proprio in primo piano, con i suoi baffoni (di moda in quel periodo), la sua bella divisa dai bottoni dorati e la spada d’ordinanza nel fodero. Si notano anche alcuni bambini, un adulto in borghese, e in lontananza due donne su un balcone. Ad incorniciare la scena i palazzi del Corso Lucilio, tutti ben tenuti, e squadrati.
Analizziamo ora la statua, evidenziando le principali differenze con il presente.
I portatori sono 4, due per sdanga, ciò vuol dire che in totale dovevano essere 8, forse 10, contro i 24 e più di oggi. Considerando che la processione aveva una durata maggiore rispetto a quella attuale, dovevano essere persone molto robuste per sopportare il notevole peso del Mistero in così pochi e per tante ore, forse uomini di mestiere (ricordiamo che un tempo l’appartenenza alla confraternita di S. Carlo Borromeo era riservato solo a persone di classe sociale medio-bassa), ed il viso dei portatori sembra confermare questa nostra supposizione. Le sdanghe erano molto corte, non più di 30 /40 cm, ed infatti il secondo portatore riesce a stento ad inserire la testa (anche a causa del giardinetto). Sdanghe così corte (come quelle che appaiono nell’altra foto dell’Addolorata) ci indicano che, probabilmente, in passato il numero dei confratelli portatori era di 6 o addirittura di 4 (Pasquale De Luca, noto giornalista suessano dell’ottocento, in un suo articolo del 1861 parla di sei portatori). E ciò non deve stupire visto che le due processione di San Carlo e del SS. Rifugio sono più recenti rispetto a quella dei Misteri del Venerdì Santo ed è probabile che le due confraternite, almeno all'inizio, abbiano tentato di imitarne i tratti salienti, anche con riferimento al numero dei portatori.
I confratelli indossano delle mantelle che ancora oggi è possibile vedere durante le processioni del Mercoledì e Sabato santo, che nelle foto sembrano pulite e senza scoli di cera.
Sulla pedana (di legno spesso almeno 10 cm) spiccano alcuni elementi interessanti. Intanto possiamo ammirare un bel gardinetto di metallo (forse argento?) con 10 candele composto da tre candelieri separati (due laterali, con tre candele ognuno, ed uno centrale, con quattro ceri). Dietro al gardinetto si possono identificare delle candele votive appoggiate sulla base, segno che l’usanza di donare la cera alla confraternita durante la processione è molto antica. Ai due lati della statua ci sono due mazzetti di “camelie” (non si riesce a capire se bianche o rosse) che sembrano essere attaccati su due supporti di legno, forse in origine utilizzati come sostegni per lumetti votivi.
La Madonna appare nella postura attuale con un abito ed un mantello identici a quelli attuali (anche il colore sembra lo stesso) ma il braccio destro (quello con il fazzoletto) è scoperto (mentre oggi viene coperto con il mantello).
Le due figure ai piedi della Croce sono rivolte di profilo, guardando verso l'addome del Cristo (oggi sono spostate leggermente più indietro e guardano in avanti). D’Arimatea e Nicodemo indossano il tipico copricapo arabeggiante ma invece dei piumaggi ci sono due pennacchi bicolore (blu e rosso) di quelli in uso ai Carabinieri (ed ancora oggi visibili nell’uniforme storica dell’Arma). Inoltre, dai loro copricapo (confrantate la figura di destra) discende un velo bianco leggermente più lungo di quello attuale ed impreziosito da vistosi merletti di pregevole fattura artigianale (oggi, invece, c'è un velo semplice). Il personaggio alla destra della Croce è rivolto di profilo ed ha il braccio sinistro disteso ed abbassato, indossando un mantello scuro (crediamo marrone) con un bordino dorato ed una cintura lunga e chiara (forse gialla) composta da due nastri di stoffa. Non riusciamo, purtroppo, ad ammirarne le calzature. Il personaggio di sinistra, invece, ha il capo ed il corpo inclinato verso destra (sinistra per chi guarda) con il braccio destro abbassato ed indossa un mantello chiaro (forse giallo) ed un secondo abito, simile ad una tunica (e quindi non un pantalone come oggi), di colore più scuro (forse marrone). La Croce presenta la scritta INRI su una base “a pergamena” (recentemente è stata ripristinata); Gesù ha il capo un po’ più inclinato, il braccio destro teso, una vistosa ferita sulla gamba sinistra ed un panneggio sul ventre dalle pieghe più accentuate. Il telo bianco per la deposizione, passato sotto le spalle del Cristo, è avvolto direttamente ai due lati della Croce, e poi fatto scendere lungo il corpo del Cristo. In buona sostanza, il Cristo sembra essere più che disteso, “appeso”, in una posa più naturale rispetto ad oggi.
Questa fotografia costituisce un’altra preziosa testimonianza del nostro passato che lasciamo ora alla vostra visione con la speranza che possa suscitarvi emozioni come ha fatto con noi.

mercoledì 1 febbraio 2012

Il Giovedì Santo negli anni venti ...

L’attesa della Quaresima continua … mancano ormai solo 20 giorni all’inizio del periodo tanto caro ai Sessani e per far crescere ancora di più l’emozione nel cuore di ognuno, dopo aver esaminato un’antichissima fotografia della processione dell’Addolorata, eccovi un’altra immagine storica, probabilmente la più antica mai realizzata durante la processione dei Misteri.
Questa foto risale al periodo in cui la processione dei Misteri si svolgeva di Giovedì Santo, iniziando nel primo pomeriggio, verso le 16. Solo dal 1957, per volere della Congregazione dei Riti (Vaticano), la processione fu spostata al Venerdì Santo (e quella del Venerdì al Sabato Santo).
La foto è rovinata ed i bordi sono in gran parte sgualciti o strappati. Tuttavia, la parte centrale è abbastanza nitida e ci offre diversi spunti di riflessione.
Innanzitutto cerchiamo di datarla. Esaminiamo alcuni dettagli che potrebbero venirci in soccorso. Sopra al portone del Chiostro del Convento Francescano c’è un’asta da bandiera ed il simbolo della Reale Arma dei Carabinieri.
Dal mese di marzo del 1806 il convento dei frati minori fu soppresso; la Chiesa fu affidata all’Arciconfraternita del SS. Crocifisso ed il convento adibito ad altre funzioni.
Dal 1861 fu utilizzato come caserma dei Regi Carabinieri, tanto è che nel 1881 nel registro del catasto dei fabbricati il convento risultava utilizzato proprio caserma dei Carabinieri Reali.
Con atto rogato dal segretario comunale dott. Carlo Sangiorgio e registrato a Sessa il 5 dicembre 1933 avvenne una permuta tra il Comune di Sessa Aurunca e la Provincia di S. Giacomo della Marca dei frati minori, rappresentata da padre Teofilo, al secolo Francesco Carminati, con la quale il Comune cedeva il convento di S. Giovanni, già ad uso caserma dei Carabinieri Reali, ed in cambio prendeva il convento di S. Stefano. Il 13 novembre 1935, a seguito di decreto vescovile del giorno 11, anche la Chiesa tornò nelle mani dei frati minori.
Pertanto, la foto non può che risalire al periodo antecedente al 1933.
Tuttavia, è utile ricordare che già alle fine degli anni venti i Carabinieri si trasferirono presso l’altro convento dismesso della città di Sessa Aurunca, quello dei frati domenicani. Per cui possiamo sicuramente affermare che non risale all’inizio degli anni trenta ma agli anni 20. Anche altri dettagli ci inducono in questa direzione.
La villa comunale è recintata soltanto con il filo spinato; invece, in una famosa cartolina dell’inizio degli anni 30, che ritraeva il monumento ai caduti della villa comunale (che un tempo sorgeva dove oggi c'è la fontana) e la facciata della Chiesa di S. Giovanni (definita Chiesa del SS. Crocifisso) già si poteva notare la presenza del muretto perimetrale con le inferriate (come oggi).
Nella foto non si vedono autoveicoli e questo è molto strano atteso che la strada provinciale che passa davanti alla Chiesa è sempre stata molto trafficata. Anche la distanza tra le statue dimostra che i confratelli “se la prendevano comoda” non essendo assillati, come oggi, dal traffico. Ciò era possibile negli anni venti, quando le autovetture erano ancora una rarità, ma meno negli anni trenta, quando, invece, cominciarono a diffondersi gli automezzi, specie per il trasporto merci.
Un altro elemento che ci induce a pensare che questa foto risalga agli anni venti è l’abbigliamento dei partecipanti e l'aspetto degli abiti dei confratelli (che appaiono nuovi - notare lo stemma sul cappuccio del portatore del Terzo Mistero). I sai sono in ottime condizioni e ciò confermerebbe la nostra datazione agli anni 20 visto che furono commissionati verso la metà degli anni dieci. Un ultimo dettaglio è l’assenza di personaggi in abiti fascisti. E’ risaputo che i gerarchi fascisti, approfittando del proprio ruolo, si intromisero anche nella gestione delle processioni del Giovedì e Venerdì Santo, dando luogo ad alcune delle degenerazioni che poi, purtroppo, furono mantenute anche dopo il 1943. E’ inverosimile che in una fotografia del genere, una vera rarità per l’epoca, un costoso lavoro professionale (in quel periodo non esistevano i fotoamatori), probabilmente commissionato e pagato dallo stesso sodalizio, qualche gerarca del tempo non avesse approfittato per farsi riprendere in alta uniforme … per i posteri !
In altre foto del periodo successivo questo accadde quindi non c’è da meravigliarsi …
Per tutti questi dettagli ed anche per la qualità dell’immagine (la vignettatura presuppone l’uso di una macchina fotografica molto vecchia) riteniamo che questa fotografia, quasi certamente, risalga all’inizio degli anni venti.
Inoltre, l’abbigliamento invernale dei fedeli (quasi tutti uomini con cappotti e soprabiti), gli ombrelli aperti e l’illuminazione solare abbastanza precaria, ci fanno pensare ad una giornata nuvolosa (se non piovosa) e fredda, tipica delle Pasque che cadono a fine marzo. Per cui, premesso che negli anni 20 la Pasqua cadde nel mese di marzo solo negli anni 1921 (il 27) e 1929 (il 31) possiamo azzardare l’ipotesi che risalga al Giovedì Santo 24 marzo 1921.
Esaminiamo, ora, altri dettagli. Partiamo dalla Chiesa. La facciata appare pulita, ben tinteggiata, certamente in condizioni migliori rispetto a quelle attuali. I confratelli del SS. Crocifisso, come detto, ne avevano ereditato la proprietà dai frati minori nel 1807 e si erano preoccupati, in più occasioni, di investire le loro ingenti risorse per la relativa ristrutturazione. Altro elemento interessante è l’assenza del muretto davanti alla porta della Chiesa sostituito da un declivio di terreno. Dalla foto non riusciamo a capire se la piazza era asfaltata o meno, ma dal riquadro in alto a destra (più chiaro) sembra proprio di no.
Nella piazza si notano due “carraciuni”, uno spento (per il rientro), l’altro acceso, con il fumo che divampa proprio dietro al Quarto Mistero. Questo conferma che l’usanza di accendere i carraciuni (i falò) al passaggio dei Misteri è molto antica.
I confratelli hanno il cappuccio abbassato, i vestiti, come detto, sembrano nuovi e ben tenuti (nelle foto dei decenni successivi non saranno più così dignitosi …), alcuni portatori indossano i guanti, e la processione è abbastanza ordinata.
Passiamo alle statue. Il terzo Mistero appare in primo piano mentre il quarto è abbastanza lontano e sfocato; in ogni caso, per quello che si può vedere, i Misteri appaiono identici ad oggi (a seguito del restauro del 2003), puliti ed in ordine, senza camelie (trattasi di un’usanza abbastanza recente), con gli angioletti nudi (senza il pannetto) e con dei giardinetti di legno (sembrano delle piccole saette) montati sulle pedane con cinque lunghe candele spente. Questi giardinetti furono eliminati in occasione del restauro del 1958, poiché scomodi e pericolosi per i portatori; sempre in quella occasione furono coperti gli angioletti poiché l’allora padre guardiano del convento (padre Pizza) riteneva che costituissero un’inaccettabile oltraggio per il “decoro e la morale pubblica”. La Croce, invece, è identica ad oggi.
La gente è numerosa (quasi tutti uomini) ma non come oggi e si accalca soprattutto vicino all’ingresso della Chiesa, intenta ad osservarne l’interno dove il Cristo Morto e le Tre Marie forse erano stati appena sollevati dagli scranni, visto che i musicanti (quelli con il berretto alla sinistra della Croce) non stavano suonando. Non si vedono il primo ed il secondo Mistero che dovevano trovarsi già in piazza Tiberio (il primo) e lungo via delle Terme (il secondo).
Questo è l’elemento più sorprendente di questa antica immagine, la notevole distanza che c’è fra le statue (il primo mistero era già in piazza Tiberio mentre il Cristo e le Tre Marie erano ancora in Chiesa). Perché tutta questa distanza ?
Pur vero che in quel periodo non c’erano turisti e fedeli come oggi, per cui non era necessario mettere i (pochi) confratelli in fila o utilizzare cordoni. Ed ancora, non c’erano fotografi (professionisti e non), automobili o autoambulanze da schivare o giornalisti invadenti. Ma alcune fotografie dell’inizio degli anni 40 (che esamineremo in seguito), in condizioni ambientali simili a quelle della foto che stiamo esaminando, mostrano un corteo identico a quello dei giorni nostri, con i Misteri tutti abbastanza vicini fra di loro (ad una distanza di 5 / 10 mt).
Perché, dunque, tutta questa distanza ? Possiamo provare ad avanzare due ipotesi.
Questa particolare disposizione dei Misteri potrebbe essere frutto di una precisa scelta dell’amministrazione della confraternita (ogni amministrazione cerca di dare la sua impronta alla processione) per dare ad ogni gruppo statuario il giusto spazio per la cunnulella e per favorire l’ordine (anche i portatori con i cappucci abbassati sembrano essere un indizio in tal senso). A sostegno di questa ipotesi, se diamo per buona la datazione della foto al 1921, è importante precisare che questa fu la prima processione ad essere diretta dal priore Giacomo Spicciariello (che resterà in carica dal 1921 al 1927) ed è risaputo che ogni priore, appena eletto, si impegna al massimo per ottenere una processione ordinata e dignitosa, magari anche modificandone l'assetto.
L’altra ipotesi è che questa particolare conformazione del corteo costituisse un retaggio di quella che doveva essere la disposizione delle statue in un passato più remoto.
Ricordiamo che fino al 1840 nella processione non c’era la banda musicale, e quindi le marce funebri, ma solo il Miserere. Il Prof. Nando Tommasino nel suo pregevole libro "Giovedì Santo" (edito nel 1943) racconta che ogni Mistero aveva il suo trio mentre i cantori più bravi ed affiatati cantavano vicino al Cristo Morto. Inoltre, sempre in un passato molto remoto, la funzione principale della processione era quella di rappresentare la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo (così veniva definita la processione nel 1700) in una sorta di via Crucis figurata (che in passato molto più remoto veniva rappresentata da persone in carne ed ossa). Questa funzione “didattica” della processione veniva assolta meglio se le statue procedevano lentamente e distanti fra loro, così da consentire ai fedeli di osservare meglio i Misteri e di riflettere sul loro significato religioso.
C'è però da dire che quello che potrebbe sembrare valido per il 1700 o per la prima metà del 1800 sembra però più strano nel 1900 visto che ad una distanza simile era difficile per i portatori dei primi due Misteri ascoltare le note delle marce funebri. Oggi siamo abituati a vedere i Misteri uscire dalla Chiesa nel giro di pochi minuti, praticamente nell’arco della durata della prima marcia funebre. E spesso, nonostante il corteo processionale dei nostri tempi sia “compatto e corto”, i portatori dei primi due misteri si lamentano di non riuscire ad ascoltare le marce funebri. Come facevano all’epoca questi confratelli ad ascoltare la musica ?
Forse in quel periodo non era essenziale ascoltare le marce funebri ? Forse era più importante ascoltare il Miserere ? Oppure la minore partecipazione popolare consentiva di ascoltare la musica anche ad una distanza di 150/200 metri ?
Oppure siamo semplicemente di fronte ad una delle tante (e per fortuna temporanee) innovazioni personali apportate da un priore ?
Difficile dirlo … sicuramente in passato i Misteri uscivano dalla Chiesa più lentamente di oggi, forse venivano eseguite due o più marce e di sicuro la processione proseguiva più lentamente, con una durata di almeno 10/12 ore (contro le 6 di oggi). Ed è anche probabile che in passato non fosse essenziale per i portatori ascoltare le marce funebri (un elemento relativamente recente) ma solo il Miserere (il che, spiegherebbe questa particolare disposizione dei Misteri).
Nel dubbio, però, una cosa è certa, questa immagine, proprio come quella dell’Addolorata del 1898, trasmette emozioni ed indicazioni a tutti quelli che amano le nostre antiche tradizioni e sono interessati a capirne la storia e l’evoluzione.