L’atmosfera creatasi la sera, dall’inizio alla fine della rappresentazione, era indicibilmente particolare; un’attenzione unica prestata dai circa 800 presenti in Chiesa; e, alla fine, dopo aver sfilato in uscita, a passo lento, lungo la navata centrale intonando, a mo’ di processione, il canto del Te Deum, ed avendo terminata l’ultima strofa, piomba in Chiesa un silenzio tombale durato circa 5 secondi; al termine dei quali ogni singola persona, alzandosi in piedi, emette un applauso ritmato, dapprima lento poi man mano che ritornavamo sull’altare per un saluto, andava sempre più aumentando e sempre più fragoroso, in segno di grandissimo apprezzamento di quanto appena rappresentato. Ma le emozioni per noi erano appena iniziate. Mentre eravamo in sagrestia, per spogliarci, ecco venire verso di noi, e verso il nostro confratello promotore dell’iniziativa Giovanni Loffredo, l’Arcivescovo della Diocesi locale, Josheph Michaylik, complimentandosi ampiamente con tutti e pronunciando alcune parole per le quali ci siamo fieramente inorgogliti: “Bravi, bravi… questo che avete rappresentato stasera non era uno spettacolo ma una preghiera, che ormai non è considerata più liturgica; ma è una preghiera che facevo da ragazzo in Seminario insieme con altri miei compagni”, poi rivolgendosi ad un prete accanto: ”…sarebbe bello incontrarsi ancora, semmai domani nel pomeriggio…”, il discorso, poi, continua, ma ciò basta a far capire che questa volta la nostra Arciconfraternita ha veramente toccato il cielo con un dito, sia di importanza come ospiti del Festival sia di merito spirituale. Difatti essendo l’Arcivescovo considerato una delle più alte cariche della Polonia, anche dal punto di vista politico, sembrava strano, o meglio raro che una così alta carica ecclesiale polacca sia interessata a noi a tal punto da invitarci nel pomeriggio presso la propria residenza per un tè.
Tutto ciò veniva confermato il giorno seguente anche dal Sindaco di Jaroslaw, Andrzej Wyczawski, il quale, dopo averci ricevuto quali testimoni per un futuro gemellaggio tra le nostre città, ci ha accolti ricevendoci con un brindisi dedicato all’unione dei nostri paesi. Con l’aiuto immancabile del nostro interprete Mirco (un ragazzo di Arezzo anch’egli volontario, studente in Cracovia come interprete), si è realizzato un colloquio tranquillo ma allo stesso tempo pieno di armonia, infatti, seduti tutti insieme ad uno stesso tavolo, ci dava l’impressione di trovarsi tranquillamente in famiglia; avendo saputo del nostro incontro con l’Arcivescovo, il sindaco manifestava la sua curiosità riguardo a quell’incontro, assicurandoci, però, su di una cosa “… sicuramente non vi annoierete…”. Così è stato! Alla stessa maniera veniamo accolti, nel pomeriggio, identicamente dall’Arcivescovo; dopo aver eseguito una piccola preghiera nella sua cappellina, siamo stati invitati a prendere un tè nella sua residenza; e lì il nostro orgoglio puramente sessano è esploso. Essere ricevuti nella residenza di una così alta carica nazionale, sedersi allo stesso tavolo, infine, vedere la sua emozione nel narrarci le vicende da ragazzo quando anche lui recitava i Salmi del Mattutino, per noi era un’emozione unica. Ancora oggi a distanza di qualche settimana avverto una sensazione mai provata, essere riconosciuti per ciò che abbiamo saputo ricevere dai nostri avi e per ciò che continueremo a tramandare ai nostri figli. Un tradizionale rituale antico che non avrà mai fine, una nostra tradizione di oggi, considerata una vera e propria preghiera di ieri. Essere padroni, il popolo sessano, ed essere custodi, l’Arciconfraternita del SS. Crocifisso, credo che sia una delle cose più belle per le quali si viene riconosciuti. Un antico culto che noi ancora oggi, anche se per un solo giorno, il Mercoledì Santo, celebriamo nella Chiesa di San Giovanni a Villa in Sessa Aurunca; una preghiera che ci contraddistingue; una preghiera che ci riconosce, volendo citare le parole del Papa Woytila, come: “...voi siete quelli del Mattutino...”, parole che ancora oggi riecheggiano nel nostro cuore, colmandolo di gioia e di forte emozione spirituale.
Dobbiamo essere fieri di ciò che abbiamo e non di quello che vorremmo avere o diventare, perchè, credo, Dio ci ha riservati un posto da protagonisti in quanto a tradizioni antiche, ed il sessano, ma soprattutto il confratello, ne è consapevole.
Nessun commento:
Posta un commento